martedì 7 ottobre 2014

#notturnooccasionale Lo Zen e l'Arte di andare a fncl

Leva le vocali e la gente impazzirà. Leva le vocali e partirà una caccia al senso, una ricerca forsennata, un'esegesi profonda e spudorata dei significati occulti.

Notte. Notte vuol dire un mucchio di cose. Notte vuol dire buio, stelle, rumori, solitudine, lampioni, lavori ignorati, vuol dire ricevere il livido battesimo di un monitor e un televisore lontano con il volume regolato al minimo, leggere il labiale, studiare i sottotitoli, intravedere un'ombra, restare un attimo con la mano sospesa a pochi centimetri dall'interruttore che potrebbe ferire l'oscurità con un fascio di luce improvvisa, vuol dire mettersi l'anima in pace o finire sotto un treno di pensieri, notte significa attesa, lo sguardo al soffitto la mente al domani, notte vuol dire sudore e sesso, memorie che affiorano senza riguardo per il momento, memorie che zavorrano il cuore e puntano spilli che ti fanno tenere gli occhi sbarrati anche se non vedi un cazzo.

Occasionale. Occasionale, nell'accezione di non consueto, maldistribuito nel tempo, senza regolarità, con scadenze approssimative e nessun piano. Oppure legato a un'occasione, sapete, una data o una ricorrenza, quello specifico giorno che nella giostra tutta umana del tempo rassicura perché dà l'impressione di qualcosa che torna. E invece, signore e signori, non torna un bel niente. La ciclicità è un'illusione. I bei percorsi ad anello che chiamiamo minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni non si ripetono. A martedì, diciamo. Prossima settimana. Coordinate che sono come una carezza e ti riempiono dell'assurda serenità di avere sempre un altro punto nel tuo giro in giro, un'altra chance. Questo martedì non si ripete. Questo minuto neppure. Il tempo è una linea retta che sembra tracciare un solco tra noi e l'eternità. Lungo questo solco facciamo copie di copie di copie di cose che conosciamo, così tutto appare più gestibile e fuggiamo la minaccia.

Senza osservare schemi digitali penso che questa serie di post, questo ricettacolo di risatine, ovvietà e tentativi sta per compiere un anno.
Buon compleanno, Blogger Occasionale.

Certe volte le persone si spezzano, si interrompono. Arrivano fino a un certo punto e poi... Stop. I meccanismi dentro cessano ogni movimento. Inizia un percorso involutivo. Ci si avviluppa come serpi ciascuno su se stesso, stasi irremovibile. E poi, lentamente, dolorosamente... il cammino riprende. Senza dover additare tragedie e senza nascondersi dietro il paravento di chissà che cosa. Succede. Perché siamo pieni di nodi. Alcuni li possiamo sciogliere da soli, altri ci aiutano a districarli, altri ancora restano sino a che non adottiamo lo stile di Alessandro e facciamo qualcosa di inatteso, senza cercare di capire come si siano formati, senza indagare il groviglio, ma tagliandoli di netto.
Magari è capitato anche a me. E lentamente, dolorosamente riprendo il cammino.

Notte. Notte vuol dire né oggi né domani, notte vuol dire adesso. Qui. Ora. Presente.

Riagguantare con un colpo di reni quel fuggente hic et nunc che troppo spesso ignoro. Vivere. La vita -sembra qualcosa che ti deve capitare tra un po'. Qualcosa che se ne sta buona buona ad aspettare che tu sia pronto. Non è così. La vita è ora. Se perdi tempo, se tentenni, se guardi altrove va per la sua strada. Ti trascina e ti lasci trascinare. Guardi indietro, di fianco, sotto, mai davanti.
Riprendi a guardare davanti. Ficca lo sguardo come un pugnale in quel solco, seguine il profilo netto e abbraccia l'orizzonte.
Respira.
Non è la fine del mondo.
Tieni gli occhi aperti e riprendi il controllo dei pensieri slegati, delle attese infruttuose, dei progetti fatti d'aria, delle bugie e delle prove ancora da superare. Cresci. Non come un frutto o un albero, ma come uomo. Vedi in controluce la filigrana, l'esile filo di esperienze che fa di te ciò che sei.
Incontra il tuo sguardo nello specchio. Impara ad accettare che ogni tanto si sbaglia e si tirano i remi in barca, ma poi si ricomincia daccapo.

Buon compleanno, Blogger Occasionale. Che sia ora o tra un mese.

E buona notte, ora, a chi incrocia queste righe per sbaglio o per nostalgia, o per mille altri motivi. Il viaggio è ancora lungo.
Che sia un viaggio buono. Che sia un viaggio di strepiti e risate, tutto pienezza e coraggio. Che non sia l'attesa della prossima tappa, ma il gusto di questa.
Che sia essere nel momento dalla punta dei piedi ai capelli.
Che sia vero.
Che sia unico.
Che semplicemente sia.



giovedì 31 luglio 2014

Lo Spettatore Occasionale VS Rocky Horror Live

Ehilà, gente del web.

Il Blogger Occasionale, per dar prova di coerenza e di effettiva occasionalità, è scomparso da un po', tuttavia ora è ritornato e si accinge a parlarvi di quanto esposto nel titolo.

Con didascalia!


Rocky Horror Live.
Grugliasco.
Gru Village.
26 luglio.

La compagnia Live Theatre allestisce lo storico musical di O'brien in una serata di luglio che sembra una serata di novembre, e a tutti gli interpreti va la mia più viva e vibrante stima per una messa in scena che, incurante del clima freddo e ostile, li ha visti (s)vestire i panni della banda di Frank-N-Furter.

L'ultima volta che vidi il Rocky correva l'anno 2003, mi stavo per laureare, la cornice era il Teatro Colosseo di Torino e fu un vero e proprio delirio. DE-LI-RIO. Compagnia eccellente, pubblico partecipativo, la sensazione di qualcosa che stava per finire (Università, Rocky all'ultimo allestimento e poi ciao, il lavoro che non si trova... #cazzatecomelavita).
Quando scopro che quest'anno degli sconsiderati decidono di allestire IL musical a Torino, che suonano dal vivo, che insieme agli attori e ai musicisti ci sarà anche un corpo di ballo... beh, TicketOne ha immediatamente otto biglietti in meno per l'evento.

Si va, con fidanzata, amici e parenti.

L'inizio è epico. Science Fiction Double Feature ha un arrangiamento rock pompatissimo e un interprete eccellente (Guido Block). Il narratore (Dario Di Stano) introduce la storia, così come deve fare e ti fa sentire subito il clima dello spettacolo, Brad (Diego Razionale) consegna l'anello di fidanzamento a Janet (Giada Panato), BOOM, gomma a terra, Riff Raff (Roberto Di Stano) e poi succede questo.



Che altro dire? La qualità del video non è ottima, l'allestimento è di qualche mese fa a Milano, ma sono maledettamente bravi e la gente impazzisce. Davanti a me partono le danze (e ci sono anche madre, padre e ragazzino coinvolti), la musica trascina tutti dentro e senti quella magia unica, folle, osmotica che coinvolge attori e pubblico in quel divertimento totale che è il Rocky.

Quando credi di aver visto il punto più alto della rappresentazione, ecco che entra Frank (Lorenzo Fusoni). Frank indossa il cinematografico mantello nero, l'attore che lo interpreta ha una gran voce e Sweet Transvestite è sempre Sweet Transvestite, chettelodicoaffare?
Magnifica interpretazione, magnifico accompagnamento musicale, ottimi comprimari.
Ripassiamo questo pezzo insieme, nella versione di quel mattacchione di Tim Curry:



Ci siamo. Lo spettacolo decolla e decolliamo tutti. La partecipazione del pubblico è generosa, un po' impacciata a volte e ogni tanto fuori sincrono. Gli attori ci scherzano su e si creano gag tra palco e platea.
Le canzoni si susseguono, si sacrificano un po' i tempi e a volte ho l'impressione che si corra troppo, ma chissene, lo show è strepitoso, funziona e tra guanti che vengono tirati e schioccano, carte che volteggiano, giornali in testa è un tripudio di risate, canzoni, balli e condivisione.

Primo atto, secondo atto, il tempo vola... Si giunge a Floor Show che nemmeno te ne accorgi. Abbiamo vissuto questo viaggio, tutti insieme, e ora sta per andare in scena l'addio a Frank. Ti si cacciano in testa un mucchio di pensieri, tipo quanto sia scemo dividere le persone in categorie, a quanto sarebbe bello raccogliere l'eredità di questo matto musical che urla dal palco da quarant'anni che c'è posto per tutti e che è stupido e violento voler mettere a tutti i costi etichette all'amore, alla trasgressione, al buon gusto. La diversità è ricchezza. 

E con il reprise di Double Feature le luci si spengono e gli applausi esplodono per ogni passerella, dal batterista (Massimo De Cario) a Eddie (Michael Omassi), dai ballerini a Rocky (Alessandro Fiorani), su su fino a Frank-N-Furter, che infine presenta uno a uno coloro i quali hanno reso lo spettacolo possibile.
Li metto anche io:

Lorenzo Fusoni (Frank’n’Furter), Diego Razionale (Brad Majors), Giada Panato (Janet Weiss), Dario Di Stano (Criminologo), Valentina La Notte (Columbia), Rossella La Notte (Magenta), Roberto Di Stano (Riff Raff), Alessandro Fiorani (Rocky), Diego Sala (Professor Everet Scott) [UUUUHHH], Michael Omassi (Eddie), Guido Block (Usherette). Corpo di Ballo & Transylvani: Emanuele Arena, Francesca D'Oronzio, Francesca Guiotto, Simona Modica, Chiara Starvaggi, Laura Stefani. Orchestra (THE FORBIDDEN PLANET): Pietro Ubaldi (tastiere), Matteo De Buglio (chitarre), Marco Ponta (chitarre), Antonio Botti (basso), Massimo De Cario (batteria) Coreografie: Comasia Palazzo Regia: Lorenzo Fusoni

E poi, come un direttore d'orchestra, Lorenzo Fusoni fa cenno alla folla di mettersi in piedi.
Ci mettiamo in piedi.
Time Warp.
Tutti insieme, un rito.

Anche voi, dai, non fate i timidi.


Serata memorabile. Uno dei più riusciti allestimenti che abbia mai visto.
Se dovessero passare dalle vostre parti, questi di Live Theatre, andate a vederli.
È un ordine dello Spettatore Occasionale.

Don't dream it, BE IT!



Alla prossima!


venerdì 13 giugno 2014

Michael Palin, Londra, #cazzatecomelavita, tre, una biro che non c'è


Vi è mai capitato di chiedere a qualcuno: Ti è mai capitato di [inserire oggetto dell'indagine qui]?
Tipo: Ti è mai capitato di incontrare Michael Palin in un aeroporto di Londra e di chiedergli un autografo?

Antefatto

Mi trovo a Londra. Ho diciannove anni e sono un coglione. Voglio dire, chi non lo è a diciannove anni? Almeno un pochino? Conseguita la maturità, prendo e parto con il mio fraterno amico di cui ho già scritto altrove. L'idea era quella di fare un'esperienza all'estero, arrabattandosi con lavoretti occasionali e contestualmente affinando la conoscenza della lingua (zoppicante all'epoca). Partiamo nell'autunno del '97, mi sembra da Milano, arriviamo a Heathrow e ci accoglie una metropoli vestita di luci e di notte, con i suoi taxi neri panciuti, con il caos per le strade, le insegne, i teatri, i double decker e tutta quella roba britannica lì.
Magari approfondirò le esperienze di quel fantastico soggiorno con altre escursioni in territorio CCLV.
Comunque, quello di cui vi voglio parlare oggi è: il viaggio di ritorno.

Il viaggio di ritorno

Il viaggio di ritorno nella primavera dell'anno successivo. O forse era febbraio. Non mi ricordo. In ogni caso, saluto tutti i pazzi scriteriati con i quali ho condiviso alloggio, lavoro, gozzoviglie, serate a guardare cortometraggi sulla BBC facendo girare uno spin...ONE, uno spinone, chi non ha mai fatto girare uno spinone a diciannove anni? Magnifici cani, gli spinoni.

Che giravolte che ci siamo fatti, 'acci tua!
In ogni caso, la sera prima della partenza facciamo festa, ci facciamo qualche pinta, attendo tutti gli abitanti della casa di ritorno dal lavoro, abbracci, lacrime, birra a fiumi... e la mattina dopo la sveglia non suona (o più probabilmente CHI DIAVOLO L'HA MESSA LA SVEGLIA?). Inizia una corsa forsennata da King's Cross, mia residenza londinese, a Elephant and Castle, fermata della metro dove devo scendere per prendere un treno che mi porti a Gatwick. A Gatwick dovrei prendere un velivolo diretto in Italia. Mi dicono sia piuttosto raro che un aereo attenda un passeggero in ritardo, ergo CORRO. Come se non ci fosse un domani, come se avessi Satana alle spalle. Mi fiondo sulla metro, con bagagli e quant'altro, dalla metro (mind the gap) balzo agilmente sul trenino e via, la strada ferrata si lascia alle spalle la città e mi conduce all'aeroporto.
A Gatwick mi trascino per ampie sale con valigie e un sonno non indifferente, cerco il simbolo della compagnia, faccio il check-in, mi assicurano che sono ancora in tempo, la simpatica tipa con cui parlo mi chiede in italiano: Corridoio o finestrino? E io scelgo finestrino.
Così, finalmente, mi siedo e il cuore riprende a battere a un ritmo normale.
Mentre sono lì in attesa che chiamino il mio volo, vedo un tizio che parla con un addetto alle informazioni. Il tizio ha un volto noto. Non quello delle informazioni; quello delle informazioni ride, l'altro gli parla e quello ride, ride, ride. E io mi dico: ma dove l'ho già visto quello?
E poi, improvvisamente, l'epifania.

La copertina era diversa, ma non la trovo sul web. Oh, siete pignoli, eh?
Traggo dalla valigia la VHS del Flying Circus con il Parrot Sketch e sì, è lui, è l'interprete della Lumberjack Song. Michael Palin. Il tizio che induce il dipendente di Gatwick a ridere a crepapelle è uno dei Monty Python, i Monty Python sono un pezzo della mia adolescenza (e anche del dopo, ma a quel tempo che ne so? ho diciannove anni, giro gli spinoni e sono un coglione!). La VHS del Flying Circus è uno dei regali per gli amici che ritroverò in patria. Così, balzo in piedi. Ho la videocassetta stretta al petto. Tentenno fino a Michael Palin.

Che momenti.


-Excuse me? -gli dico.
Lui mi guarda e sorride. Io mi paralizzo. Non so che dire. Muovo lentamente le mani in avanti, portando alla sua attenzione la VHS. Gli chiedo qualcosa tipo se è proprio lui.
-Yes -dice.
Sono felice. Ho diciannove anni, sono un coglione, gli spinoni, Londra, gli amici, le sterline, il ritardo, l'aereo, ciò che mi sono lasciato alle spalle, ciò che mi attende in futuro, tutto si congela e sono felice.
Gli chiedo se mi può fare un autografo. Acconsente di buon grado.
Non ho la penna.
Gli dico Ok, un secondo, prendo una penna. In sottofondo si sente un messaggio diffuso dagli altoparlanti, ma io ci presto attenzione, secondo voi? Figurarsi.
Corro verso i miei bagagli, rovisto, trovo una penna, mi cade, la raccolgo, mi volto, quanto tempo è passato -cento anni, duecento, un minuto? Michael Palin è dentro un ascensore con una tipa giovane, carina e molto alta. Corro, di nuovo, verso l'ascensore, con la mia VHS e la penna. A pochi passi dalle porte scorrevoli accade l'irreparabile. Si chiudono. Così, davanti a me.  
Vaffanculo, porte scorrevoli.
Lui, Michael Palin, da dentro l'ascensore mi guarda con un'espressione dispiaciuta, inclina la testa di lato e fa spallucce. L'ascensore si allontana. Che poi non era proprio un ascensore, era un trasporto per raggiungere il gate.
Lo guardo allontanarsi oltre i vetri .
Resto lì, con la mia VHS, la mia penna, e la mia faccia da pirla, la faccia di un bambino al quale hanno appena detto che Babbo Natale non esiste.
Torno a sedere. Rimetto le cose nella valigia.

Per un po' resto contrariato. Voglio dire, ero a un passo. Un passo, accidenti. Però a ripensarci è stata una bella occasione. Ho incontrato uno degli idoli della mia adolescenza (ehm) e abbiamo scambiato qualche parola. Ho avuto modo di vedere che è una persona piacevole, disponibile, che è ancora apprezzato...

Quando sono giù, i Monty Python continuano a essere un buon rimedio. Ne ho scritto pochi giorni fa su Week News Life, si riuniranno per una serie di spettacoli a Londra a luglio. Andrò con alcuni amici a vedere la diretta streaming dell'evento in uno dei cinema della Nexo Digital (credo a Torino). E mentre assisterò allo spettacolo di questi vecchietti geniali, penserò ai miei giorni londinesi, a un pezzo di vita passata che mi è rimasta dentro, a un mattino in aeroporto e a un incontro fortuito che vale forse più di mille scarabocchi su un foglio. 


martedì 3 giugno 2014

True Detective: per lo Spettatore Occasionale è ROBA GROSSA

Quando Di Caprio ha perso l'Oscar (perché siamo umani, e quindi non è che semplicemente non ha vinto, è che HA PROPRIO PERSO, checcazzo) è successo tutto un sommovimento di robe su internet, tutto un proliferare di simpatici sberleffi al biondino. Tipo questo qua:

 


Ah aha ha ah ah ah aha ahaaahahhaa. 
Matte risate, nevvero? 
In ogni caso, a vincere è stato Matthew McConaughey con Dallas Buyers Club. Sarà stato bravo in questo film? Sarà stato più bravo di Leo? Sarà stata una statuetta meritata? 
Io penso che Di Caprio sia un buon attore. Sul serio. Però Matt è un altro pianeta. Ma proprio un altro pianeta lontano lontano lontano, roba che nemmeno Star Wars era così lontano (nello spazio e nel tempo). Se non mi credete dovete guardare True Detective.

 

True Detective è una serie ideata da un genio di nome Nic Pizzolatto, prodotta dall'americana HBO, iniziata il 12 gennaio scorso e terminata il 9 maggio. Otto puntate che seguono, in un arco temporale di diciassette anni, le indagini di due sbirri (poliziotti non rende) alle prese con una serie di delitti rituali attribuiti a un unico serial killer. Matt interpreta uno dei due detective, Rust Cohle. Il suo partner è Woody Motherfucking Harrelson. Non conoscevate questa serie? Siete quelli che La TV fa schifo? Bravi, continuate così, otto più.

Che dire di un tale capolavoro? Innanzitutto questo: affidare gli otto episodi a un solo regista è stata una scelta illuminata. Non parlo solo di continuità dello sguardo, di scelte estetiche coerenti e mai banali, ma di unità di stile. Sommiamo a questo una fotografia eccellente, location azzeccate, un plot che ha echi de Il silenzio degli innocenti, per certi versi Angel Heart e un certo cinema di genere thriller di grande qualità e otteniamo una base eccellente. E lasciatemi dire che Cary Fukunaga non solo ha i numeri, ma sentiremo parlare di lui in futuro. Perché un regista che allestisce un piano sequenza di 6 minuti (ripeto SEI MINUTI) al termine della puntata di mid season (1x04) e che tale piano sequenza segue un assedio in un quartiere di spacciatori con sparatorie, fughe, spostamenti da una casetta all'altra senza una sbavatura una (ripeto SENZA UNA SBAVATURA CHE SIA UNA) è un Regista con la R maiuscola e forse pure con la E, la G, la I e la STA maiuscola. 'Sta mazza, gente, anche solo quella scena, estrapolata dal contesto narrativo, è un capolavoro a se stante. È Cinema in TV. Cinema di qualità, cinema di grande tecnica, cinema PUNTO.

Vedi alla voce ATTORI DELLA STRAMDNN


Il cast è impeccabile. Woody e Matthew offrono il meglio del loro meglio. Ci sono (se ben ricordo) tre segmenti narrativi distribuiti nell'arco di 17 anni; abbiamo quindi i personaggi introdotti nel momento finale della storia, con una serie di incontri con altri agenti durante i quali ripercorrono le tappe della loro vecchia indagine. Un secondo momento li vede nella rievocazione della prima fase del loro lavoro insieme. Infine abbiamo una stagione di mezzo, durante la quale il rapporto tra i due si incrina sino a spezzarsi (no spoiler, tranquilli, viene detto praticamente da subito). L'evoluzione dei personaggi è resa in maniera magistrale dal dinamico duo sunnominato. Ed è Matt che sfodera l'interpretazione definitiva, capace nella puntata conclusiva di mostrare una trasformazione radicale del personaggio senza scadere in facili eccessi e senza servirsi di fastidiosi cliché, ma riuscendo a innestare il cambiamento nella dinamica del personaggio, rendendo il tutto naturale e credibile. Non è poco. Sticazzi.

"E dovevate vedere la sua faccia quando hanno letto il mio nome e non il suo alla Notte degli Oscar... Ffffffffuuuuui, com'era incazzato!"

Insomma, non intendo aggiungere altri dettagli (ok, solo questi: Serial Killer a sfondo satanico, The King in Yellow, Ligotti, Pezzi Grossi invischiati, una Lousiana da incubo), perché scoprire episodio dopo episodio che cosa abbia da mostrare TD è un piacere. Lascio a voi il gusto di percorrere le strade che percorreranno i nostri compari. Immergetevi in una serie come ce ne sono davvero poche. E, se vi va, parliamone nei commenti! Mi piacerebbe moltissimo discutere con voi dell'ultimo scambio di TD, un dialogo che ho trovato catartico, eccezionale, una chiosa carica di speranza e priva di retorica. 

Insomma, guardate True Detective, non ve ne pentirete. Parola dello Spettatore Occasionale!

lunedì 26 maggio 2014

#Cazzatecomelavita 2: Il misterioso mistero del portafogli scomparso

Un paio di settimane fa mi trovavo a Finale Ligure con la la mia ragazza e il nostro cane (che di nome fa Giove). Allego foto di quest'ultimo.

No, non sto dormendo. Sto solo riposando solo gli occhi.

Non so se avete presente come funziona la faccenda, ma se sei al mare in Liguria e hai un cane o non vai proprio in spiaggia (causa multa), oppure cerchi un'area attrezzata. Area attrezzata che, ovviamente, non è gratuita, ma costa (vado a memoria) 3 € per l'ingresso del cane, a cui devi sommare il costo di sdraio e ombrellone (6 € per sdraio) oppure lettino e ombrellone (8 € per lettino). Ricapitolando: siamo in giro per Finale, ultimo giorno del nostro soggiorno, primo giorno soleggiato, decidiamo di andare nella spiaggia attrezzata per i cani e investiamo 15 € per la sistemazione.

Giove è molto lieto della faccenda: stringe amicizia con dei bambini, cerca di giocare con altri cani, si incuriosisce per la schiuma prodotta dalle onde sul bagnasciuga, tutto bellissimo. Il sole va e viene. C'è un vento allucinante. Leggo Infinite Jest di Wallace, comprato il giorno prima in una libreria del posto.
Romanzo eccezionale, detto tra noi.
Comunque, tutto fighissimo, prendiamo il sole, cazzeggiamo, pranziamo con amici, ci concediamo ancora un paio d'ore di sole dopo pranzo, poi si va via.

Facciamo due passi in centro, la mia ragazza vede qualcosa che le piace in un negozio (perché le donne vedono SEMPRE qualcosa che piace loro in un negozio, e potete scommettere che il negozio in questione non è una ferramenta né un negozio di elettronica), che faccio -lo prendo o non lo prendo? 
Lo prendo.
Dov'è il tuo portafoglio?
Esatto: Dov'è il mio portafoglio?

Segue panico.

Orco boia! (cit.)
La seccatura più grande quando smarrisci il portafogli è l'ansia che ti assale al pensiero che tutta la malavita europea ora abbia in mano la tua identità e il tuo conto corrente bancario. Voglio dire, non sono Rupert Murdoch, e non vado in giro con informazioni militari riservate o robe del genere... cazzo mi possono rubare? Però quello è il pensiero. Quello, e la prospettiva di dover fare denuncia di smarrimento.
Documenti, soldi, bancomat, tessera del supermercato, badge del lavoro... La prospettiva della denuncia di smarrimento atterrisce... Ripercorriamo i nostri passi. L'avrò lasciato nel locale dove abbiamo pranzato? L'avrò perso in spiaggia? Mi sarà scivolato per terra durante la passeggiata pomeridiana?
La situazione si complica.
Decido di correre sino alla spiaggia attrezzata, la mia ragazza e Giove restano indietro, mi dicono Vai e torna vincitore. Corro, arrivo alla spiaggia e solo in quel momento mi ricordo di aver lasciato a casa (a Finale) il telefonino in carica. Quindi sono senza portafogli e senza cellulare. E senza chiavi di casa. Un uomo perduto. Un uomo senza identità, senza collegamenti con il mondo civile, un reietto, un paria, un signor nessuno.

Corro in modo scomposto sulla sabbia, raggiungo la sdraio che occupavo e lì, in piedi, mi attende un tizio.
Stai cercando il portafoglio?, mi fa. Il ragazzo qua -indica una sdraio vuota, una ragazza in piedi, un bambino e un pastore tedesco -l'ha trovato e l'ha portato alla Caserma della Guardia di Finanza.

Il sollievo. Il sollievo frammisto allo stupore, il tutto annaffiato dallo smarrimento e dalla perdita di tutte quelle artificiali certezze secondo le quali -per farla breve -HOMO HOMINI LUPUS.
Homo Homini Lupus il cazzo, dico io.
Con le scarse forze residue di un trentaseienne sovrappeso corro verso la caserma della GdV (ubicata esattamente DIETRO la spiaggia attrezzata per i cani) e lì, finalmente, incontro il mio benefattore.
I militari tessono le lodi di costui, e ne hanno ben ragione. Non manca nulla di nulla, nemmeno uno scontrino. Tutte le carte che fanno di me la persona che sono nella società civile sono lì, appoggiate su una scrivania. E lui, questa persona onesta e trasparente, se ne sta lì seduto tranquillo, trattenuto dalla necessità burocratica di fare una postilla alla denuncia con la quale viene messo nero su bianco che la parte B (altrimenti detta IL COGLIONE CHE HA PERSO IL PORTAFOGLIO) interviene in fase di stesura del verbale per ritirare il bene smarrito che la parte A (IL LATORE DEL BENE SMARRITO, altrimenti detto IL CALIFFO) consegnava ai militari poco prima.

E ora un intermezzo musicale (non ha nulla a che fare con la vicenda, ma è pur sempre un gran pezzo):



E questo per dire che l'umanità non è così corrotta e senza speranza come spesso viene dipinta. In ogni caso, alcune considerazioni.
  • Il ragazzo in questione (iniziali GVF, non so se apprezzerebbe una citazione diretta) è del Toro. Come me. Quindi tendenzialmente i tifosi del Toro sono dei califfi e delle persone oneste. Alcuni tifosi del Toro sono dei minchia che perdono portafogli quando sono in villeggiatura (ogni riferimento a persone o fatti bla bla bla)
  •  Se il ragazzo in questione, tale GVF, fosse entrato nel campo visivo di mio nonno, avrebbe innescato nel vegliardo questa serie di pensieri: Tatuaggi, Catenazza al collo uguale Assassino omicida psicotico STARE ALLA LARGA. E invece il nostro è un padre di famiglia, con un figlio timido ed educatissimo, un pastore tedesco di un anno e un comportamento irreprensibile. Quindi PUPPA all'equazione Ti vesti in modo pittoresco UGUALE Sei un uomo di malaffare. Giudicare dall'aspetto è una MINCHIATA. Lo diceva anche Frank-N-Furter.
  • A volte le cose possono anche finire bene. In maniera inaspettata, ok, in maniera rocambolesca e bizzarra... Ma succede. 
  • Durante la compilazione della denuncia, uno dei militari dice qualcosa circa il fatto che è raro trovare persone oneste come GVF. Al che GVF di rimando fa: Se non insegno qualcosa a mio figlio adesso che ha sei anni, quando lo faccio? Mi sono metaforicamente levato il cappello.
In fondo sono le cose più semplici ad apparire straordinarie, se avvengono in un mondo in cui la normalità non esiste più; o, per meglio dire, in un tempo in cui la normalità è considerata qualcosa di ingiusto e aberrante. GVF ha fatto la prima cosa che gli è passata per la testa, perché alternative per lui non esistevano. Non esisteva l'opzione me lo tengo io, non esisteva l'opzione chi se ne fotte. C'era una sola strada da percorrere e lui l'ha imboccata.
Esagero? Non esagero?
E che devo fare, rispondermi da solo? Me le canto e me le suono? Ma no, non farò così... prometto.
Prometto e concludo.

Una frase mi è rimasta in mente: Se non insegno qualcosa a mio figlio adesso che ha sei anni, quando lo faccio? Si dice che non esista insegnamento migliore dell'esperienza diretta. Io agisco bene, tu assisti al mio comportamento retto, tu impari la correttezza. Senza scomodare la metafisica, la religione, concetti filosofici o altro, ritengo che vivere civilmente in società significhi anche coltivare minuscoli comportamenti onesti, piccole azioni fatte mettendo un bene esterno al proprio al primo posto.
Questa è la scintilla che innesca il cambiamento. Un piccolo gesto dal sapore profondamente simbolico.

Reduci da giorni e giorni e giorni in cui la cosa più leggera e simpatica che ho sentito (e letto) in giro era un insulto personale al presidente della repubblica italiana pronunciato da un cantante che qualche anno fa pronunciava ripetutamente all'interno di una canzone la parola PENSA, mi tengo stretto questo episodio. Mi induce a pensare che la normalità è possibile, fino a che esisterà qualcuno capace di fare non già la scelta più semplice, o quella più egoista, o quella che lo metta in luce in maniera particolare o gli fornisca un tornaconto immediato... ma soltanto quella giusta.

giovedì 22 maggio 2014

Lo Spettatore Occasionale se la fa con GODZILLA

Causa vicissitudini che non sto a raccontarvi (c'è #Cazzatecomelavita per quello), soltanto ieri sera sono riuscito ad andare a vedere Godzilla, ultima fatica del prode Gareth Edwars.

Godzilla parla di un grosso mostro verdastro che si risveglia dal letargo per spaccare modellini di città. 



Dammi il cinque, Belli Capelli!


Ok, non è proprio così, proverò a diventare un po' serio. 

Serious Mode ON

Difficile parlare di Godzilla. La sua storia cinematografica inizia nel 1954 con Gojira di Ishirô Honda. Chiara metafora dell'orrore nucleare di Hiroshima e Nagasaki, l'incarnazione iniziale della creatura è spaventosa. Godzilla è un gigante il cui unico scopo è seminare distruzione. In un mondo scivolato nel caos, in un periodo storico che portava ancora i segni dell'incubo atomico, il lucertolone che viene dal mare rappresenta la vendetta della Natura sulla deviata Cultura umana. La pellicola di Honda ha la forza allegorica del più sentito monito antinucleare. 
La prima fase di Gojira, dunque, è quella di minaccia. In seguito, sia per esigenze commerciali che per appagare un pubblico che si scopre affamato di film di mostri, la natura del kaiju cambia. Non è più un semplice titano vendicatore, ma un protettore dell'umanità (primo titolo a mostrare questo cambiamento San daikaijû: Chikyû saidai no kessen del 1964, sempre di Honda, titolo che segna la nascita della nemesi di Godzilla, l'alieno tricipite King Ghidorah). Le due nature del Kaiju (minaccia/protettore) si alterneranno nel corso del tempo, a volte separate da una linea tanto sottile da risultare quasi invisibile. 

Edwards, alla seconda prova in cabina di regia, si assume oneri e onori di riportare in america il portabandiera della Toho, dopo la scampagnata del 1998 firmata da Emmerich (che a posteriori possiamo dire facesse veramente, ma veramente schifo) (toh, l'ho detto). Il precedente Gojira made in USA non era esattamente canonico: niente fiato radioattivo, nessun rispetto per il design classico, tono scanzonato e storia piuttosto debole. Riuscirà il nostro giovane regista indie a riavvicinarsi alla tradizione proponendo al contempo qualcosa di nuovo e ispirato?

Forme d'Arte.


Sì e no.

Velocemente, la trama: Joe Brody perde la moglie durante un terremoto. I due lavoravano presso la centrale nucleare di Janjira in Giappone. Non convinto delle spiegazioni fornite circa l'evento, Brody inizia a indagare per tentare di capire che cosa abbia originato le scosse: esse infatti parevano ripetere uno schema, quasi un segnale, e non sembravano normali scosse telluriche. Quindici anni più tardi suo figlio Ford lo raggiunge nei pressi di Janjira, dove è trattenuto per violazione della zona di quarantena. Insieme scopriranno l'origine del terremoto, e saranno testimoni della resurrezione di una gigantesca creatura del passato. Tale creatura inizia a seminare distruzione, mentre un antico predatore dormiente sta per tornare a caccia, richiamato dalla presenza del mostro radioattivo: è Gojira, pronto a porre fine alla minaccia del MUTO (Massive Unidentified Terrestrial Organism). Lo scontro tra le creature metterà a repentaglio la città di San Francisco, dove Ford in una disperata lotta contro il tempo tenterà di ricongiungersi con moglie e figlio.

La regia è solida. Edwards sa come costruire un'inquadratura, quale movimento di macchina sia meglio utilizzare per valorizzare le riprese, come trarre il massimo dagli attori che ha a disposizione (Walter White su tutti). La fotografia affidata a McGarvey (The Avengers, Anna Karenina, Espiazione) è opaca, desaturata, cupa. L'accompagnamento sonoro propone citazioni delle musiche originali del Gojira di Honda e nuove composizioni, simili nel tono. La prima parte del film sembra raccogliere l'eredità di Jurassic Park: suggerire la presenza dei mostri poco per volta, svelandone particolari prima di concedere una visione d'insieme. A Spielberg si rifa anche la dinamica della narrazione, tanto che alcuni passaggi sembrano provenire da un prodotto Amblin. 
Veniamo al piatto forte, Gojira. Cento metri di lucertolone con le scaglie. Il mostro voluto da Edwards è prima di tutto un animale; ciò comporta alcune conseguenze. Prima conseguenza, si stanca. Sul serio. Tipo che dopo aver combattuto sviene. Non sto scherzando. Seconda conseguenza, le movenze che ha appaiono naturali, cioè sembra appartengano a una creatura vivente. Terza conseguenza, Godzilla perde qualche oncia del proprio carattere di inarrestabile forza della natura. Va bene, combatti, sei forte, spacchi tutto... ma svieni. Ti stanchi. Crolli. Non sei poi quel Dio distruttore che sembravi...
Gojira è protettore della natura, dell'ordine, dell'equilibrio... eppure è troppo "animale" per incarnare quello spirito soprannaturale che permea le sue precedenti incarnazioni. 
Le debolezze del film non si fermano qui (purtroppo). 

La trama è davvero esile, e le due parti in cui è divisa la pellicola hanno toni e ritmi troppo diversi. La prima metà è incentrata sul creare tensione, preparare l'arrivo del titular character e progredisce con studiata lentezza. La seconda parte è più fracassona, ma viene penalizzata dalla scelta di concentrare negli ultimi venti minuti l'azione delle creature. L'azione umana è ben girata, certo, ma non offre nulla di davvero rivoluzionario. Perché? Perché, purtroppo, i personaggi sono piuttosto esili. Ma proprio tanto. 



 
Evidenziati gli aspetti deboli della pellicola, veniamo ai punti forti.

[Potrebbe contenere SPOILER]

Ora scriverò una cosa che sembrerà contraddire quanto scritto qualche paragrafo sopra: Gojira è impressionante. La prima volta che compare sullo schermo in tutta la sua imponenza è davvero un momento epico: inquadratura a salire che sottolinea la scala della creatura, e infine il ruggito... qualcosa che esplode, raggela, pietrifica. 

E mo' soccazzi.


Il MUTO che si ritrova trova davanti il nostro lucertolone sembra pensare una roba tipo: Com'è umano lei. Glielo si legge in quella sua meravigliosa faccetta a mezza via tra un insetto e un alieno. 
Il reparto FX e CGI ha fatto un lavoro memorabile. La distruzione (vera protagonista del film in termini di minutaggio) è sempre credibile. La desolazione è diffusa e trasmette un senso di impotenza, nessuno può arrestare la Natura, incarnata da queste creature che se le danno di santa ragione. 

Proprio come il precedente Monsters, Godzilla sceglie il punto di vista umano nel mostrare un mondo alieno: siamo noi che dal basso osserviamo questi Dei selvaggi e inarrestabili, noi che proviamo a fermarli senza riuscirci, noi che ci arrendiamo di fronte all'inevitabile. Anche tutta la faccenda della bomba atomica mette in luce la casualità di ciò che accade: si possono fare mille dettagliatissimi piani, ma c'è un mondo intero che è pronto a mostrarci la nostra reale statura, pronto a radere al suolo le nostre immense città, restituendoci al ruolo di ospiti che troppo spesso dimentichiamo di interpretare. In ciò, forse, Edwards eccelle: nel dipingere la sconfitta della Cultura di fronte alla Natura. E in questa luce il finale apparentemente consolatorio è uno sfregio. Godzilla spegne la minaccia dei MUTO, ma poi se ne va senza badare a uomini, armi, città. Se ne va perché noi per lui non contiamo nulla.

Che altro dire? Il lucertolone se la cava bene, è un po' troppo "gracile" rispetto al canone nipponico, ma è pur sempre un degno erede della tradizione cui si ispira. Quello di Emmerich era una femminuccia in confronto a questo. 


Ve la ricordate la scena di Godzilla (1998) in cui il protagonista fa il test di gravidanza al mostro e scopre che è incinta? Ecco. Qua non succede niente del genere.

In conclusione, se amate i kaiju movie con un'anima non rimarrete delusi. Certo, è un film con difetti e cose che faranno storcere il naso, ma visivamente è d'impatto, non annoia e intrattiene sino alla fine. 

Se volete approfondire, alcune letture interessanti sul lucertolone:


I 400 Calci: Godzilla, mostrologia
I 400 Calci: Godzilla, recensione
Doc Manhattan recensisce Godzilla
Wikipedia ti spiega tutto di Godzilla
Il Blogger Occasionale in versione seria parla delle fonti di ispirazione di Edwards

E ora i saluti!



martedì 20 maggio 2014

Il Blogger Occasionale si pone domande su...


Ok.
Magari sono io.
Sicuramente sono io.
Quello che ha dei problemi, intendo.

Anyway.

Ci sono queste persone che caricano video su Youtube, video di loro stessi medesimi pirsonalmente di persona alle prese con una nota bevanda gassata, caramelle al gusto menta più varie ed eventuali.
Nel caso in questione, un preservativo e una crema spalmabile al cioccolato di un'azienda dolciaria arcinota con sede ad Alba, Cuneo, Piemonte, Italia, Europa, Terra, Sistema Solare, Via Lattea (casomai qualcuno leggesse da un punto imprecisato dell'outer space).
Le cose vanno in questa maniera: i nostri impavidi videomaker inseriscono le caramelle dentro la bevanda gassata, sigillano la bottiglia e attendono che tutto esploda in un geyser di liquame appiccicoso.

[NOTA PER ME: rivedere il passaggio "attendono che tutto esploda in un geyser di liquame appiccicoso", perché ho come la sensazione che possa essere frainteso]

Molto bene.
La mia domanda è:
Perché?

La cosa più sconvolgente di tutte tutte tutte è il pathos che tali filmati contengono. Non ci credete? Vediamo il nostro amico in alcuni momenti topici dell'esperimento:

Vedi alla voce PATHOS (e anche TUBO NASCOSTO)



Orco boia!


Tu chiamale se vuoi -esplosioni (di bevanda gassata + caramelle + crema spalmabile + preservativo)
Perché questo tizio pittoresco ha realizzato il record mondiale di coca+mentos+robe_varie uguale BOOM. C'è una disciplina, a quanto pare. Mi immagino gli allenamenti. Estenuanti sessioni di pasticche nella coca. Fiotti di schiuma. Momenti di disperazione, quando l'esplosione è moscia, quando il getto non raggiunge l'altezza o la pressione desiderate. Episodi di grande umanità, quando il vecchio cocamentosista dà una pacca sulla spalla al giovane allievo alle prese con un'esplosione loffia. "Verrà il giorno in cui macchierai il soffitto, ne sono sicuro". Pianti. Gioie e dolori. Fulminee intuizioni: "E se ci aggiungessi la NUTELLA?". Trepidante attesa, quando il beniamino delle folle svita il tappo e infila la mentos.

Va bene, davvero, è stimolante e per certi versi epico... ma perché?

Ci sono anche delle varianti. Quelli, per esempio, che la reazione chimica la attuano all'interno della propria bocca, con questo risultato:

E questo è un 8! La folla è in delirio!
Che arguto passatempo, non trovate?
E infine ci sono le leggende metropolitane: tipo che un ragazzino in Brasile sarebbe morto dopo aver ingerito mentos e coca. Esplosione nello stomaco. Tipo Kenshiro. Oppure il Sig. Creosote.

Viral Video. Un mistero. E poi un mistero nel mistero: questi tizi in fissa con le mentos, la coca, la schiuma, lo sbocco, i tubi nella coca cola...
Vabbè. No, davvero, era solo per mettervi a parte di queste vicende bizzarre.
Comunque ora una cosa mi è chiara. Coca e Mentos, se assunte insieme, posso provocare dei danni incredibili.
Ora vi metto la foto di un tizio che ne consuma in abbondanza sin dall'infanzia.
Guardate che cosa può causare in un essere umano questa pratica bislacca e dannosa:

Com'è già che mi chiamo io?

PS

Perché?


venerdì 16 maggio 2014

Penny Dreadful: lo Spettatore Occasionale dice sì

Diciamoci la verità: di serie TV ce n'è un marasma. C'è CSI Miami, CSI Los Angeles, CSI New York, CSI Abbiategrasso, CSI Saluzzo... Ogni città ha il suo CSI. Poi ci stanno i dottori che ti sbudellano (ER, Grey's Anatomy, Private Practice, House), poi i serial killer (Hannibal, Dexter, Criminal Minds), poi quelle tipo soap opera, le fiction, le semi-fiction, le non-fiction, le serie narrative, quelle antinarrative, quelle preter-narrative, quelle manco-per-sogno-narrative.
Ragazzi.
Da restarci secchi.

In ogni caso, una settimana sì e l'altra pure ne escono di nuove. Alcune sono belle e durano, altre no. La settimana scorsa ne è iniziata una che si intitola Penny Dreadful. Ed è semplicemente magnifica.

Una festosa foto di famiglia


La serie si appropria del nome dato a quelle pubblicazioni inglesi che nel diciannovesimo secolo raccoglievano storie macabre, spesso con contenuti violenti ed eccessivi, e venivano vendute a un penny (BINGO). Precursori delle riviste pulp, gli Spaventi da un Penny ospitavano un'umanità decadente e morbosa, fatta di assassini spietati, spettri, creature infernali, donzelle in difficoltà, donzelle dai facili costumi capaci di slanci di gratitudine non indifferenti (ehm), loschi individui pronti a ogni nefandezza (tipo Brunetta, solo meno spaventosi). Gli autori della serie si sono impegnati nel tenere viva la struttura di quei racconti (ambientazione, trame rocambolesche, violenza), sostituendo ai personaggi anonimi delle riviste i classici mostri del gotico: Dracula, Frankenstein, Dorian Gray. Intorno a loro hanno aggiunto personaggi nuovi, dal fascino non inferiore.

Il risultato? Due puntate eccellenti. Timothy Dalton, Josh Hartnett e soprattutto Eva Green affrontano la prova con sincera passione, tratteggiando personaggi che costituiscono il cuore di quello che appare come arco narrativo principale.

In soldoni, la trama (grazie IMDB):

Explorer Sir Malcolm Murray, American gunslinger Ethan Chandler, and others unite to combat supernatural threats in Victorian London.
 Per chi non masticasse l'inglese, ecco una traduzione occasionale:
L'esploratore Sir Malcolm Murray, il pistolero americano Ethan Chandler, e altri si riuniscono per fronteggiare minacce soprannaturali nella Londra Vittoriana.
E ora una traduzione occasionale sbagliata:
Malcolm Murray, Sir Internet Explorer, il nonno di Chandler di Friends, e altri tutti uniti combattono contro Supernatural, una serie americana giunta alla nona stagione, così brutta da far chiudere il negozio di Victoria's Secret a Londra. 
Episodio pilota di livello eccellente: abbiamo una classica introduzione dei personaggi, con riflettori puntati su Sir Malcolm, fondatore del Club degli Esploratori, ossessionato dal desiderio di trovare la figlia scomparsa (Mina) (però non Mina la cantante) (Mina, dicevamo...) (Mina... nessun campanello? Dai, su... Mina... Dracula... Anyone?). Accanto al Timothy nazionale, la conturbante Vanessa Ives, una Eva Green intensa e tormentata. È una strega? Una cartomante? Una spiritualista? Una medium? Lo scopriremo più avanti. Diciamo che è una a cui i vampiri sono allergici.
I due assoldano Hartnett, desideroso di far dimenticare al pianeta quella roba chiamata Pearl Harbor. Joshino veste i panni di Ethan Chandler, un po' Buffalo Bill, un po' adone cazzaro, un po' tormentato eroe che tanto ci piace a noi romanticoni (ehm). I tre si addentrano in un sotterraneo per incontrare SPOILER.
SPOILER è un tipo incazzuso, quindi state alla larga se non volete sapere altro.

Sono SPOILER. Sono un tipo terribile sul serio. Ocio.



Incontrare, dicevamo, dei Vampiri. La figlia di Malcolm è stata rapita da un succhiasangue, e l'esploratore dà la caccia a tutti i twilight che trova per risalire al rapitore. Così, scendono nel sotterraneo e ne ammazzano un numero discreto, tendente all'alto.
Nel primo episodio il personaggio che svetta su tutti, il vero e proprio nucleo emozionale, è il Dottore, al quale il trio si rivolge per avere informazioni in merito a uno dei vampiri che hanno indotto a smettere di operare nel campo dei vampiri. Tipo che l'anno ucciso, ecco. Un vampiro brutto brutto brutto, che sotto la pelle ha dei geroglifici tatuati. Il "Dottore" (ammicc ammic) è un giovane impegnato in una ricerca, un tizio strano, ossessionato da quella scintilla sottile che separa la Vita dalla Morte.
E chi sarà mai questo Dottore?
Chi sia viene svelato nel finale dell'episodio: in un montaggio di long take uno via l'altro, con colonna sonora minimale che cresce a scandire i passaggi di un evento che vi rimarrà impresso, il dottore rientra nel proprio "laboratorio". Qui, abbandonato in una vasca colma di ghiaccio, un corpo... segnato da cicatrici, collegato a macchinari elettrici. Il temporale che infuria all'esterno irrompe nella stanza con il bagliore di fulmini e il martellare di tuoni. L'impianto elettrico non perfettamente a norma salta e la stanza piomba in un buio terribile. Il Dottore esprime il proprio disappunto in maniera colorita. Accende una lampada a olio. Il corpo nella vasca è sparito.
Avete presente, no, quando state per dare vita a una creatura strappata artificialmente dalla morte, salta la corrente e la creatura scompare? Voglio dire, è una seccatura. Il dottore inizia a cercare, si muove per il laboratorio con la sola luce proiettata dal lume a olio. Alle sue spalle vediamo la Cosa, nuda, ferma contro un angolo. I due si vedono. Si avvicinano. Sono entrambi... emozionati. Il Dottore ansima. La Creatura emette dei versi flebili. Il Dottore piange. La Creatura allunga una mano tremante, asciuga una lacrima dal volto del Dottore, porta il dito al proprio occhio, meravigliata. Il Dottore dice: Riesci a sentire? La Creatura sorride, come un bambino di fronte a un gioco nuovo. Il Dottore è felice, frastornato, provato.
A questo punto, guardando la Cosa che gli sta davanti, dice: Il mio nome è Victor Frankenstein.
Fine.

Credo che Frankenstein di Mary Shelley sia un capolavoro assoluto, troppe volte maltrattato (e mutilato) nelle innumerevoli trasposizioni prima teatrali, poi cinematografiche. Questa scena, lo spirito che la anima, il pathos che trasuda, coglie in pieno l'anima del testo (pur modificandone l'asse emozionale). E io, Blogger Occasionale, vi giuro che ho pianto.


Sono SPOILER. Ora me ne vado, potete tornare a leggere. 





Se ne avrete occasione, guardate Penny Dreadful. Anche soltanto il primo episodio. È uno studio d'atmosfera perfettamente riuscito, una storia che suscita emozioni, che avvince, che si avvale di un ritmo e di un tono volutamente demodè, una piccola gemma cesellata con cura e con perizia. Un prodotto di valore, nel marasma di serie TV di cui si parlava in apertura.

Cinema e TV sono sempre meno distanti. Penny Dreadful, senza ombra di dubbio, urla a gran voce che quel confine sta per essere valicato.


venerdì 9 maggio 2014

Il Blogger Occasionale presenta "Fenomenologia della banana"

Non si tratta di quello che state pensando.
Sporcaccioni.

Il Blogger Occasionale lancia una nuova rubrica anch'essa fortemente occasionale: Cazzate come la vita. Memorie, eventi, episodi quotidiani raccontati con la proverbiale verve del B.O.

Esterno giorno.
Il balcone di un hotel in centro ad Atene. Siamo nel 1997.
Due figuri se ne stanni appoggiati alla balaustra; contemplano il traffico di questa strana città, sporca e fascinosa. Uno dei due è un imberbe Blogger Occasionale. L'altro un suo caro amico.
Che stavamo facendo su quel balcone? Sostanzialmente nulla, si era in gita scolastica, appena giunti in hotel, e scambiavamo due parole. Sapete, quei dialoghi meravigliosi e futili che potevano durare ore e ore senza necessariamente andare a finire da nessuna parte.
Improvvisamente la persona accanto all'imberbe Blogger Occasionale (per questione di privacy lo chiameremo "Furey") si accorge che il balcone della stanza in cui si trovano è adiacente a quello della stanza di alcune compagne di classe. Il suo sguardo si illumina. Rientra in stanza, estrae dalla zaino una banana e torna sul balcone.
Non c'è bisogno di tante parole, di odiose spiegazioni, di minuziosi piani architettati in ogni dettaglio: basta uno sguardo.

Tiriamo la banana sul balcone vicino?

Killer Bananas!
 

E senza incontrare resistenze, senza pensare ad altro che a quel gesto insensato e stupido, controlliamo che nessuno sia sul balcone. Sono dentro, le nostre ignare vittime. Sistemano i bagagli , fanno le loro cose.
Occorre agire immediatamente.
La banana è lì, pronta al lancio. Furey soppesa il proiettile edibile, calcola sommariamente la distanza, determina quale sia la traiettoria migliore e, infine, lancia l'unico frutto dell'amore al di là della ringhiera.
La tensione è palpabile.
La banana traccia una traiettoria arcuata sollevandosi verso il cielo, poi disegna un arco verso il basso e si disintegra sul pavimento del balcone-bersaglio.
È un trionfo. È l'apoteosi, il conseguimento di un risultato unico, il tripudio della follia: la banana si spatascia sulle piastrelle di un pavimento esterno ad Atene, Grecia (culla della civiltà occidentale) mentre io e Furey esplodiamo in una risata incontenibile.
Le nostre compagne di classe irrompono sul balcone, osservano lo scempio procurato dal nosto balzello e ci ordinano di pulire. E noi, felici, andiamo nella loro stanza, raggiungiamo la banana e la raschiamo via dal pavimento. Anche quel gesto, che potrebbe essere visto come una sorta di sconfitta, è un atto felice. Ok, siamo chinati a terra su un balcone durante il nostro primo pomeriggio in Grecia, ma chissene. Siamo stati eroici nella nostra idiozia. Abbiamo compiuto un gesto memorabile, una roba che verrà ricordata nei secoli dei secoli (amen) all'interno della cerchia delle nostre amicizie.

Sì, è vero, batto... ma è tutto legale.


Quanto conta un momento? Quanto una manciata scarsa di minuti?
Viviamo il tempo con l'ansia febbrile di non riuscire a occuparne fino all'ultima briciola, proiettati a ciò che dovremo fare o intrappolati nel ricordo di qualcosa a cui abbiamo rinunciato, o abbiamo perso, o semplicemente non tornerà. Così ci fottiamo il presente, ci perdiamo tutti quegli atti puri, dettati dall'impulso del momento, veri, pieni, magari stupidi o inutili... eppure così saturi di vita da farti dire: Eccomi. Eccomi presente, eccomi vivo.

Ogni tanto mi sforzo di ritrovare l'assoluta ingenuità di quel momento in Grecia: spensieratezza e voglia di ridere, certo, ma anche il desiderio di spezzare il cerchio di azioni schematiche che quotidianamente finiamo per portare avanti, in maniera così automatica da perderci il bello dei gesti più semplici. Un po' di psicomagia, direbbe Jodorowski...
Perché se vai avanti senza pensare ai tuoi passi, se non ti guardi intorno ogni tanto, se non cedi alla tentazione di soddisfare un desiderio qua e là, alla fine ti perdi qualcosa. Cazzate, il più delle volte, ma di quel genere che ricorderai per sempre con piacere... Cazzate come la vita.




mercoledì 7 maggio 2014

Lo Spettatore Occasionale in trasferta (e molto più serio del solito!)



Prima recensione seria e non faceta dello SO per Week News Life, piattaforma di news online.
Fate un salto da quelle parti e fate saltare anche i vostri amici!

martedì 6 maggio 2014

Lo Spettatore Occasionale: in attesa di vedere il 2, ripassiamo "Prometheus"



Un grosso umanoide gommoso si fa una cialda di caffè, poi si tuffa da una rupe in una cascata, si sfilaccia e dà origine alla vita sulla Terra.
Il tizio in questione proviene da DragonBall.
Tenetelo a mente.
Tenetelo a mente, perché "Prometheus" inizia con DragonBall e termina con Futurama.
Fuffa spray, direte voi.
Magari, risponde il vostro Spettatore Occasionale di fiducia.

Comunque, il tizio si squaglia.
Salto temporale di -non so, tipo centinaia di milioni di anni.
Due tizi scoprono pitture rupestri. Sono uguali a tante altre che avevano scoperto prima. Ciò induce una multinazionale a inviare nello spazio una spedizione per trovare i creatori del genere umano.

Tutto a posto? Volete sedervi un momento e prendere un caffè?
No, perché poi le cose peggiorano.

Astronave, salto temporale. Ellissi temporali a manetta, offre Ridley. Fassbender (Fass-Bender, vedi che Futurama è inserito a forza dal Destino stesso in questa pellicola?) è un androide che ama Lawrence d'Arabia. Si svegliano i tizi sull'astronave. Trovano una megapiramide aliena e ci vanno dentro. Disarmati. Un biologo incontra un serpentello alieno, dalla forma indiscutibilmente simile a un pene che si apre come una vagina (Giger inside). Tenta di accarezzarlo. Giustamente muore.

Ellissi temporale gratuita offerta dallo Spettatore Occasionale: il capo della spedizione è una tipa stronza figlia del boss della multinazionale, all'anagrafe Charlize Theron, la figlia non il boss. Che poi non sono sicuro che all'anagrafe si chiami...
Al diavolo.

Un geologo che dispone di mille migliaia di gingilli tecnologici che sono in grado di generare mappe 3D delle tue narici si perde all'interno della piramide aliena. L'androide sbrocca e somministra al tipo che all'inizio scova pitture rupestri una roba nera aliena. La roba nera aliena lo trasforma in una copia di se stesso butterata e con gli occhi neri e cattiva cattiva cattiva. Però prima fa in tempo a spupazzarsi la morosa, la quale è sterile ma rimane incinta.

E no, non si tratta del nuovo Messia.

La tizia sbrocca perché scopre d'essere incinta di un mostro alieno. Va nella cabina della tizia stronza figlia del boss, la quale dispone di un marchingegno a forma di lettino solare che in realtà è tipo una sala operatoria automatica. Ci entra dentro e chiede di abortire. La macchina dice che in realtà è un modello che funziona solo sugli uomini.

Annotazione: la tizia stronza figlia del boss, oltre a essere stronza, è anche scema. Deve aver comprato su eBay la capsula chirurgica e solo dopo la consegna s'è accorta che era una sola, perché lei è fimmina e quel trabiccolo opera solo i portatori di pisello. Vatti a fidare dell'e-commerce.

Con un astuto stratagemma [Tizia incinta dell'alieno: Voglio abortire Capsula Chirurgica: Mi dispiace, solo operazioni per maschietti Tizia incinta dell'alieno: Oh, perbacco. Occorre studiare una soluzione mentre il feto alieno tentacoluto mi si muove in grembo... Ok, estrai corpo estraneo dal mio utero Capsula Chirurgica: Ok, lo posso... Ehi, hai detto utero? Gli uomini non hanno utero! Tizia incinta dell'alieno: Ho detto "utero"? Oh, scusa, sono un disastro con i termini medici... volevo dire "dalla panza", ecco, levami il corpo estraneo DALLA PANZA Capsula Chirurgica: Ok, accomodati] tizia si sbarazza dell'alieno, che cresce a dismisura e mangia qualcuno.

Intanto si scopre che Boss è nella nave ed è un vecchio interpretato da Guy Pearce. Che ha circa quarant'anni, credo, e sembra Biff Tannen di Ritorno al Futuro. Perché?

[Inserire risposta plausibile qui]

Svegliano alieni gommosi in ibernazione. Alieni gommosi -errata corrige, Alieno gommoso si sveglia di malumore e ammazza Biff Tannen. Poi, per dessert, stacca la testa ad Androide.

Succede un casino. Charlize Theron muore perché non sa muoversi di lato, ma soltanto in linea retta. Alieno gommoso vuole andare a fare baldoria sulla terra, Astronave priva di armi (WTF) si schianta su Astronave aliena per fermarla. Su le mani.

Tizia riceve messaggio da Fass-Bender, il quale ci prova e le chiede di andare con lui a visitare il luogo natio di Alieni gommosi. Lei prende la testa, la mette in borsetta (true story) e si avvia nello spazio a bordo di altra Astronave Aliena rubata.

Scena extra: Alieno tentacoluto si accoppia con Giuliano Ferrara e nasce lo Xenomorfo classico di Alien. Screentime dello Xenomorfo: quattordici secondi.

Grazie, Ridley. Non vedo l'ora che esca il due.



A voi era piaciuto? Siete in trepidante attesa di un secondo (imminente) capitolo?
Deliziatemi nei commenti!


mercoledì 23 aprile 2014

Il Blogger Occasionale: i Tag

Tag.
Parola dal suono sinistro e dalle implicazioni ancora più lugubri.
Che cosa sono i Tag?
Facciamoci aiutare da una cantante a caso.



Grazie, cantante a caso.
I Tag sono etichette. Le etichette sono quelle robette adesive che si appiccicano a robette più grosse, per ricordarsi che cosa siano queste ultime. Tipo le confetture fatte in casa. Esempio: per non confondere la marmellata di prugne con il concentrato di sugna, meglio usare un'etichetta.
Altrimenti la tua colazione potrebbe diventare un incubo.
AHHHHHHHRRRRRRRRRRRGGGGGGGGHHHHHHH!
La sugna.

I Tag servono per fornire indicazioni circa il contenuto di una pagina, o di uno specifico file (foto, video, confettura, concentrati di sugna).
Mi sono messo a guardare i Tag dei miei post.

Ve ne leggo alcuni.
Così, perché immagino di potermi fidare di voi. Siete silenziosi, mansueti e non lasciate mai commenti.
Non è che io vi disprezzi, per questo, sia chiaro.
Eccovi alcuni Tag.

'sta ceppa
Brunetta
Capezzone
Chi ama la f..a metta una riga
Cthulhu
chissene
fanatici religiosi come Dio comanda
Gene Wilder che si fa una pecora
minchione
Silvianesimo
orsacchiotto di pezza
zombi che ti sbocconcellano manco fossi un bastoncino Findus

Potrei andare avanti per ore e ore (e ore).
E ore.

[Le ultime due righe qua sopra non sono Tag]

Perché vi parlo di questa faccenda priva di alcun apparente interesse per voi?
Perché mi immagino un tizio in uno scantinato, a Mountain View, che trascorre ore e ore a monitorare i Tag di tutti quanti gli utenti del mondo. Se li passa uno per uno, li legge, li confronta, li studia, li compara con dei modelli psicologici, esamina tutte le statistiche e poi, alla fine, segnala a un altro tizio le anomalie.
Sapete, tipo uno che nei Tag mette Silvio Berlusconi, Brunetta, Cthulhu e attori che si fanno le pecore.

E che fa quell'altro tizio?
Quell'altro tizio, allontanato dalla Legione Straniera per i metodi troppo rudi che utilizzava durante gli interrogatori, si appunta un indirizzo IP, traccia l'indirizzo, identifica il soggetto, voglio dire il responsabile dei Tag anomali, lo raggiunge in qualunque parte del mondo si trovi, mette il dito sul...

Scusate, suonano al citofono.

[alcuni minuti dopo]

La stanza del Blogger Occasionale è vuota, il computer rimosso dalla scrivania, i libri scomparsi. Resta soltanto un po' di Fuffa Spray nell'aria, una certa sensazione di inconcludenza e un post incompiuto sui Tag.

Che cosa sono i Tag? 
Leggi qui per saperne di più!