venerdì 13 giugno 2014

Michael Palin, Londra, #cazzatecomelavita, tre, una biro che non c'è


Vi è mai capitato di chiedere a qualcuno: Ti è mai capitato di [inserire oggetto dell'indagine qui]?
Tipo: Ti è mai capitato di incontrare Michael Palin in un aeroporto di Londra e di chiedergli un autografo?

Antefatto

Mi trovo a Londra. Ho diciannove anni e sono un coglione. Voglio dire, chi non lo è a diciannove anni? Almeno un pochino? Conseguita la maturità, prendo e parto con il mio fraterno amico di cui ho già scritto altrove. L'idea era quella di fare un'esperienza all'estero, arrabattandosi con lavoretti occasionali e contestualmente affinando la conoscenza della lingua (zoppicante all'epoca). Partiamo nell'autunno del '97, mi sembra da Milano, arriviamo a Heathrow e ci accoglie una metropoli vestita di luci e di notte, con i suoi taxi neri panciuti, con il caos per le strade, le insegne, i teatri, i double decker e tutta quella roba britannica lì.
Magari approfondirò le esperienze di quel fantastico soggiorno con altre escursioni in territorio CCLV.
Comunque, quello di cui vi voglio parlare oggi è: il viaggio di ritorno.

Il viaggio di ritorno

Il viaggio di ritorno nella primavera dell'anno successivo. O forse era febbraio. Non mi ricordo. In ogni caso, saluto tutti i pazzi scriteriati con i quali ho condiviso alloggio, lavoro, gozzoviglie, serate a guardare cortometraggi sulla BBC facendo girare uno spin...ONE, uno spinone, chi non ha mai fatto girare uno spinone a diciannove anni? Magnifici cani, gli spinoni.

Che giravolte che ci siamo fatti, 'acci tua!
In ogni caso, la sera prima della partenza facciamo festa, ci facciamo qualche pinta, attendo tutti gli abitanti della casa di ritorno dal lavoro, abbracci, lacrime, birra a fiumi... e la mattina dopo la sveglia non suona (o più probabilmente CHI DIAVOLO L'HA MESSA LA SVEGLIA?). Inizia una corsa forsennata da King's Cross, mia residenza londinese, a Elephant and Castle, fermata della metro dove devo scendere per prendere un treno che mi porti a Gatwick. A Gatwick dovrei prendere un velivolo diretto in Italia. Mi dicono sia piuttosto raro che un aereo attenda un passeggero in ritardo, ergo CORRO. Come se non ci fosse un domani, come se avessi Satana alle spalle. Mi fiondo sulla metro, con bagagli e quant'altro, dalla metro (mind the gap) balzo agilmente sul trenino e via, la strada ferrata si lascia alle spalle la città e mi conduce all'aeroporto.
A Gatwick mi trascino per ampie sale con valigie e un sonno non indifferente, cerco il simbolo della compagnia, faccio il check-in, mi assicurano che sono ancora in tempo, la simpatica tipa con cui parlo mi chiede in italiano: Corridoio o finestrino? E io scelgo finestrino.
Così, finalmente, mi siedo e il cuore riprende a battere a un ritmo normale.
Mentre sono lì in attesa che chiamino il mio volo, vedo un tizio che parla con un addetto alle informazioni. Il tizio ha un volto noto. Non quello delle informazioni; quello delle informazioni ride, l'altro gli parla e quello ride, ride, ride. E io mi dico: ma dove l'ho già visto quello?
E poi, improvvisamente, l'epifania.

La copertina era diversa, ma non la trovo sul web. Oh, siete pignoli, eh?
Traggo dalla valigia la VHS del Flying Circus con il Parrot Sketch e sì, è lui, è l'interprete della Lumberjack Song. Michael Palin. Il tizio che induce il dipendente di Gatwick a ridere a crepapelle è uno dei Monty Python, i Monty Python sono un pezzo della mia adolescenza (e anche del dopo, ma a quel tempo che ne so? ho diciannove anni, giro gli spinoni e sono un coglione!). La VHS del Flying Circus è uno dei regali per gli amici che ritroverò in patria. Così, balzo in piedi. Ho la videocassetta stretta al petto. Tentenno fino a Michael Palin.

Che momenti.


-Excuse me? -gli dico.
Lui mi guarda e sorride. Io mi paralizzo. Non so che dire. Muovo lentamente le mani in avanti, portando alla sua attenzione la VHS. Gli chiedo qualcosa tipo se è proprio lui.
-Yes -dice.
Sono felice. Ho diciannove anni, sono un coglione, gli spinoni, Londra, gli amici, le sterline, il ritardo, l'aereo, ciò che mi sono lasciato alle spalle, ciò che mi attende in futuro, tutto si congela e sono felice.
Gli chiedo se mi può fare un autografo. Acconsente di buon grado.
Non ho la penna.
Gli dico Ok, un secondo, prendo una penna. In sottofondo si sente un messaggio diffuso dagli altoparlanti, ma io ci presto attenzione, secondo voi? Figurarsi.
Corro verso i miei bagagli, rovisto, trovo una penna, mi cade, la raccolgo, mi volto, quanto tempo è passato -cento anni, duecento, un minuto? Michael Palin è dentro un ascensore con una tipa giovane, carina e molto alta. Corro, di nuovo, verso l'ascensore, con la mia VHS e la penna. A pochi passi dalle porte scorrevoli accade l'irreparabile. Si chiudono. Così, davanti a me.  
Vaffanculo, porte scorrevoli.
Lui, Michael Palin, da dentro l'ascensore mi guarda con un'espressione dispiaciuta, inclina la testa di lato e fa spallucce. L'ascensore si allontana. Che poi non era proprio un ascensore, era un trasporto per raggiungere il gate.
Lo guardo allontanarsi oltre i vetri .
Resto lì, con la mia VHS, la mia penna, e la mia faccia da pirla, la faccia di un bambino al quale hanno appena detto che Babbo Natale non esiste.
Torno a sedere. Rimetto le cose nella valigia.

Per un po' resto contrariato. Voglio dire, ero a un passo. Un passo, accidenti. Però a ripensarci è stata una bella occasione. Ho incontrato uno degli idoli della mia adolescenza (ehm) e abbiamo scambiato qualche parola. Ho avuto modo di vedere che è una persona piacevole, disponibile, che è ancora apprezzato...

Quando sono giù, i Monty Python continuano a essere un buon rimedio. Ne ho scritto pochi giorni fa su Week News Life, si riuniranno per una serie di spettacoli a Londra a luglio. Andrò con alcuni amici a vedere la diretta streaming dell'evento in uno dei cinema della Nexo Digital (credo a Torino). E mentre assisterò allo spettacolo di questi vecchietti geniali, penserò ai miei giorni londinesi, a un pezzo di vita passata che mi è rimasta dentro, a un mattino in aeroporto e a un incontro fortuito che vale forse più di mille scarabocchi su un foglio. 


martedì 3 giugno 2014

True Detective: per lo Spettatore Occasionale è ROBA GROSSA

Quando Di Caprio ha perso l'Oscar (perché siamo umani, e quindi non è che semplicemente non ha vinto, è che HA PROPRIO PERSO, checcazzo) è successo tutto un sommovimento di robe su internet, tutto un proliferare di simpatici sberleffi al biondino. Tipo questo qua:

 


Ah aha ha ah ah ah aha ahaaahahhaa. 
Matte risate, nevvero? 
In ogni caso, a vincere è stato Matthew McConaughey con Dallas Buyers Club. Sarà stato bravo in questo film? Sarà stato più bravo di Leo? Sarà stata una statuetta meritata? 
Io penso che Di Caprio sia un buon attore. Sul serio. Però Matt è un altro pianeta. Ma proprio un altro pianeta lontano lontano lontano, roba che nemmeno Star Wars era così lontano (nello spazio e nel tempo). Se non mi credete dovete guardare True Detective.

 

True Detective è una serie ideata da un genio di nome Nic Pizzolatto, prodotta dall'americana HBO, iniziata il 12 gennaio scorso e terminata il 9 maggio. Otto puntate che seguono, in un arco temporale di diciassette anni, le indagini di due sbirri (poliziotti non rende) alle prese con una serie di delitti rituali attribuiti a un unico serial killer. Matt interpreta uno dei due detective, Rust Cohle. Il suo partner è Woody Motherfucking Harrelson. Non conoscevate questa serie? Siete quelli che La TV fa schifo? Bravi, continuate così, otto più.

Che dire di un tale capolavoro? Innanzitutto questo: affidare gli otto episodi a un solo regista è stata una scelta illuminata. Non parlo solo di continuità dello sguardo, di scelte estetiche coerenti e mai banali, ma di unità di stile. Sommiamo a questo una fotografia eccellente, location azzeccate, un plot che ha echi de Il silenzio degli innocenti, per certi versi Angel Heart e un certo cinema di genere thriller di grande qualità e otteniamo una base eccellente. E lasciatemi dire che Cary Fukunaga non solo ha i numeri, ma sentiremo parlare di lui in futuro. Perché un regista che allestisce un piano sequenza di 6 minuti (ripeto SEI MINUTI) al termine della puntata di mid season (1x04) e che tale piano sequenza segue un assedio in un quartiere di spacciatori con sparatorie, fughe, spostamenti da una casetta all'altra senza una sbavatura una (ripeto SENZA UNA SBAVATURA CHE SIA UNA) è un Regista con la R maiuscola e forse pure con la E, la G, la I e la STA maiuscola. 'Sta mazza, gente, anche solo quella scena, estrapolata dal contesto narrativo, è un capolavoro a se stante. È Cinema in TV. Cinema di qualità, cinema di grande tecnica, cinema PUNTO.

Vedi alla voce ATTORI DELLA STRAMDNN


Il cast è impeccabile. Woody e Matthew offrono il meglio del loro meglio. Ci sono (se ben ricordo) tre segmenti narrativi distribuiti nell'arco di 17 anni; abbiamo quindi i personaggi introdotti nel momento finale della storia, con una serie di incontri con altri agenti durante i quali ripercorrono le tappe della loro vecchia indagine. Un secondo momento li vede nella rievocazione della prima fase del loro lavoro insieme. Infine abbiamo una stagione di mezzo, durante la quale il rapporto tra i due si incrina sino a spezzarsi (no spoiler, tranquilli, viene detto praticamente da subito). L'evoluzione dei personaggi è resa in maniera magistrale dal dinamico duo sunnominato. Ed è Matt che sfodera l'interpretazione definitiva, capace nella puntata conclusiva di mostrare una trasformazione radicale del personaggio senza scadere in facili eccessi e senza servirsi di fastidiosi cliché, ma riuscendo a innestare il cambiamento nella dinamica del personaggio, rendendo il tutto naturale e credibile. Non è poco. Sticazzi.

"E dovevate vedere la sua faccia quando hanno letto il mio nome e non il suo alla Notte degli Oscar... Ffffffffuuuuui, com'era incazzato!"

Insomma, non intendo aggiungere altri dettagli (ok, solo questi: Serial Killer a sfondo satanico, The King in Yellow, Ligotti, Pezzi Grossi invischiati, una Lousiana da incubo), perché scoprire episodio dopo episodio che cosa abbia da mostrare TD è un piacere. Lascio a voi il gusto di percorrere le strade che percorreranno i nostri compari. Immergetevi in una serie come ce ne sono davvero poche. E, se vi va, parliamone nei commenti! Mi piacerebbe moltissimo discutere con voi dell'ultimo scambio di TD, un dialogo che ho trovato catartico, eccezionale, una chiosa carica di speranza e priva di retorica. 

Insomma, guardate True Detective, non ve ne pentirete. Parola dello Spettatore Occasionale!