mercoledì 23 aprile 2014

Il Blogger Occasionale: i Tag

Tag.
Parola dal suono sinistro e dalle implicazioni ancora più lugubri.
Che cosa sono i Tag?
Facciamoci aiutare da una cantante a caso.



Grazie, cantante a caso.
I Tag sono etichette. Le etichette sono quelle robette adesive che si appiccicano a robette più grosse, per ricordarsi che cosa siano queste ultime. Tipo le confetture fatte in casa. Esempio: per non confondere la marmellata di prugne con il concentrato di sugna, meglio usare un'etichetta.
Altrimenti la tua colazione potrebbe diventare un incubo.
AHHHHHHHRRRRRRRRRRRGGGGGGGGHHHHHHH!
La sugna.

I Tag servono per fornire indicazioni circa il contenuto di una pagina, o di uno specifico file (foto, video, confettura, concentrati di sugna).
Mi sono messo a guardare i Tag dei miei post.

Ve ne leggo alcuni.
Così, perché immagino di potermi fidare di voi. Siete silenziosi, mansueti e non lasciate mai commenti.
Non è che io vi disprezzi, per questo, sia chiaro.
Eccovi alcuni Tag.

'sta ceppa
Brunetta
Capezzone
Chi ama la f..a metta una riga
Cthulhu
chissene
fanatici religiosi come Dio comanda
Gene Wilder che si fa una pecora
minchione
Silvianesimo
orsacchiotto di pezza
zombi che ti sbocconcellano manco fossi un bastoncino Findus

Potrei andare avanti per ore e ore (e ore).
E ore.

[Le ultime due righe qua sopra non sono Tag]

Perché vi parlo di questa faccenda priva di alcun apparente interesse per voi?
Perché mi immagino un tizio in uno scantinato, a Mountain View, che trascorre ore e ore a monitorare i Tag di tutti quanti gli utenti del mondo. Se li passa uno per uno, li legge, li confronta, li studia, li compara con dei modelli psicologici, esamina tutte le statistiche e poi, alla fine, segnala a un altro tizio le anomalie.
Sapete, tipo uno che nei Tag mette Silvio Berlusconi, Brunetta, Cthulhu e attori che si fanno le pecore.

E che fa quell'altro tizio?
Quell'altro tizio, allontanato dalla Legione Straniera per i metodi troppo rudi che utilizzava durante gli interrogatori, si appunta un indirizzo IP, traccia l'indirizzo, identifica il soggetto, voglio dire il responsabile dei Tag anomali, lo raggiunge in qualunque parte del mondo si trovi, mette il dito sul...

Scusate, suonano al citofono.

[alcuni minuti dopo]

La stanza del Blogger Occasionale è vuota, il computer rimosso dalla scrivania, i libri scomparsi. Resta soltanto un po' di Fuffa Spray nell'aria, una certa sensazione di inconcludenza e un post incompiuto sui Tag.

Che cosa sono i Tag? 
Leggi qui per saperne di più!






martedì 22 aprile 2014

Notizie rassicuranti dopo le festività Pasquali

Special Guest

Gesù

Tranquilli, non mi sono fatto niente!



 Auguri postumi dal Blogger Occasionale!

E ora consigli per gli acquisti!


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mercoledì 16 aprile 2014

Il Blogger Occasionale meets Il Cittadino Occasionale: Rassegnata Rassegna Stampa

Dell'Utri è in Libano, ma non fate dell'ironia perché è talmente malato che ha contagiato i suoi due legali.
Che erano in Italia.
Ti pare una malattia da poco quella che contagia a migliaia di chilometri di distanza?
No, per dire.
A me tutto sembra meno che una malattia da poco.


Woody Allen, sadico vecchio bastardo, ovvero Blue Jasmine (Il Ritorno del Cineocchio)

Se voi dite "Woody Allen", a me viene immediatamente in mente questa roba qua:


Capirete quanto sia difficile tentare di essere seri quando i presupposti sono Gene Wilder che si fa una pecora.
Ora tentiamo di liberarci di tutta questa faccenda, di quel Woody Allen, e tuffiamoci in una disamina approfondita della sua ultima pellicola, vale a dire Blue Jasmine.

L'ultima fatica di Woody parla di Jasmine, moglie di un uomo d'affari milionario finito in carcere per una serie di truffe e reati fiscali. La nostra protagonista si trova alla prese con la fine della vita dorata cui il marito l'aveva abituata, e per ricominciare da zero lascia New York e si trasferisce a San Francisco dalla sorella. Sorella che non potrebbe essere più diversa da lei, per gusto, aspettative, desideri.
Riuscirà Jasmine a lasciarsi alle spalle il fallimento della propria vita passata? Riuscirà ad andare avanti?

Il cinema di Allen è cambiato nel corso del tempo, pur mantenendo alcune caratteristiche inalterate. Uno degli ingredienti base, uno dei marchi di fabbrica della sua produzione è il cinismo. Un feroce, disincantato, assoluto cinismo. Con l'avanzare dell'età mi sembra che questa caratteristica abbia assunto una proporzione tale da diventare il nocciolo di ogni suo discorso cinematografico. In questa prospettiva Blue Jasmine non fa eccezione. Allen affronta il tema della crisi economica e delle sue conseguenze. Jasmine rappresenta la parte connivente, tutti quelli che hanno preferito distogliere lo sguardo e consumare ricchezze piuttosto che denunciare i comportamenti spregiudicati di chi ha contribuito a far collassare il sistema. Blue Jasmine è il rovescio della medaglia di The Wolf of Wall Street: se Scorsese sceglie di seguire la parabola di Jordan Belfort con Jordan Belfort come guida, narratore e punto di vista, Allen preferisce affrontare la questione assumendo il punto di vista delle vittime. Se nel film di Scorsese le vittime sono in qualche modo gli stessi amorali carnefici, in quello di Woody Allen sono quelli che hanno pagato per errori altrui. La sorella di Jasmine, Ginger, è emblematica in questo senso: l'ex marito viene convinto a investire una somma vinta alla lotteria dall'ex marito di Jasmine. L'investimento è fallimentare, e con la perdita dei soldi, Ginger e Augie entrano in un vortice che distruggerà il loro matrimonio.

Allen fa cinema con la C maiuscola. La sua è una progressione scandita da tempi perfetti, privi di sbavature, in costante equilibrio tra tragedia e commedia. Nel mondo dipinto da Blue Jasmine esiste una separazione netta tra il mondo luccicante di ricchi e arricchiti, e quello infimo degli ultimi, degli spiantati, dei poveri. In una prospettiva quasi pasoliniana, i personaggi più umili si fanno portatori di Verità. Le menzogne di Jasmine, la maschera che indossa per evitare il confronto con la tragedia, sono rimosse crudelmente dai nipoti, così come dal compagno di sua sorella o dal suo amico. Mettere Jasmine davanti alla realtà sembra un atto inutile, sterile e meschino; dico "sembra", in quanto al termine della vicenda meschinità e crudeltà diverranno caratteristiche proprie di Jasmine. La parabola della donna è una discesa progressiva e inesorabile verso il punto più basso, verso il proprio cuore di tenebra: SPOILER nel momento in cui è rivelata la causa dell'arresto di Hal, qualunque residuo di empatia verso Janet / Jasmine si perde. Tutta la vita di lei è stato un ballo in maschera, interrotto soltanto da un moto di gelosia. Nessuno scrupolo di natura morale, nessun esame di coscienza, nessun desiderio di giustizia: soltanto la vendetta spietata di una donna ferita.

La dimensione tragica del personaggio è rafforzata dalla superba interpretazione di Cate Blanchett. La sua Janet / Jasmine è il film; non soltanto un personaggio centrale, non soltanto il motore della vicenda, quanto piuttosto l'incarnazione dell'idea che la pellicola cinicamente porta avanti. La terribile, effimera, famelica voracità dell'essere umano, la cecità di chi antepone se stesso al mondo intero, gli squilibri che costituiscono l'ossatura sociale dell'occidente, l'incomunicabilità. Il finale si fondo sull'interpretazione che ha fruttato all'attrice il premio dall'Academy. Cate Blanchett si consegna alla macchina da presa senza un filo di trucco, distrutta. Ha perso la possibilità di rientrare nel dorato mondo dell'alta società, ha perso ogni possibile ponte con il passato, qualsiasi speranza di pacificazione e si ritrova sola, seduta su una panchina al parco. L'ennesimo soliloquio del quale si rende protagonista fa allontanare la persona che le sedeva a fianco; Jasmine parla a se stessa nel tentativo patetico di ricostruire la propria identità perduta. Non esiste alcuna redenzione: c'è soltanto un'attrice che ha smesso di credere nella parte che deve interpretare e che non riesce più a mentire a se stessa. Un'attrice che non ricorda più il perché di certe dinamiche (le parole di Blue Moon, la canzone che ripetutamente cita come colonna sonora del primo appuntamento con Hal). Un'attrice che non ha più un pubblico e alla quale nemmeno interessa più averlo.

Janet / Jasmine crolla davanti ai nostri occhi, svanisce senza lasciare traccia. Ciò che si lascia alle spalle è un mondo di compromessi, di invidie, di fallimenti, di morte e di menzogna; l'unico elemento vagamente positivo è dato dalla riscossa del figlio di Hal, che ha superato la tragica perdita del padre e si è ritagliato uno spazio nel mondo; seppure anche la sua riscossa sia timida e in ombra, niente a che vedere con le classiche tappe di un film di autoaffermazione in senso stretto. Il percorso disseminato di ellissi temporali contribuisce a creare un senso di instabilità, di frammentarietà estrema: Jasmine è una scheggia impazzita di un mondo esploso, il suo movimento è inerziale, privo di volontà o di direzione. Conoscere un uomo che potrebbe portarla via dallo stallo in cui si trova è un accidente, così come perderlo a causa di Augie, o per meglio dire a causa della Verità. Il continuo equilibrio agrodolce tra farsa e tragedia termina nell'unico modo possibile: con il dramma più sconvolgente, con la definitiva perdita della sanità mentale, con l'isolamento e con una caduta che non sembra lasciar spazio a un'idea di redenzione.

Jasmine ha concluso la propria parabola umana, e ora è soltanto una voce farneticante le cui parole si perdono nella platea vuota del mondo.

Cineocchio promosso anche questa volta, ma quale profonda amarezza...
Meglio tornare a pensare a Gene Wilder che si fa una pecora.
Alla prossima!

martedì 15 aprile 2014

Il Cineocchio se magna tutto: tre brevi recensioni al prezzo di una per lo Spettatore Occasionale più occasionale che ci sia

Considerata la lunghezza del titolo, immagino di non dover scrivere molto nel post... Quindi cominciamo, bando alle ciance.

Il Cineocchio di Alba, costola del Nucleo, stimolante selezione di pellicole d'Autore, prosegue nella sua corsa verso -che ne so, verso qualcosa. Si capirà alla fine, immagino.

Il Cineocchio di Alba, filiazione del Nucleo, ha proposto nel periodo intercorso tra il mio ultimo post e questo qua la bellezza di quattro film quattro, il tutto quasi senza punteggiatura.
Però io solo tre ne ho visti.
Mannaggia.