venerdì 30 agosto 2013

Modernità: effetti collaterali. The Asylum presenta: Sharknado, ovvero psicopatologia del cinema


La modernità offre svariati sistemi per procurarsi materiale video da gustare. Ci sono cinema, TV, Web TV, Youtube, Vimeo, distribuzioni indipendenti, film a basso costo, Direct To Video, e poi, alla fine, c’è la Asylum.
The Asylym, per essere precisi; prestigiosa (?) casa di produzione americana, specializzata nel realizzare film chiaramente copiati da blockbuster in uscita, distribuirli qualche giorno prima che i loro parenti ricchi raggiungano le sale e guadagnare soldi dalla vendita di DVD e dai diritti maturati con la messa in onda televisiva dei loro “capolavori”.
Qualche esempio? Nel 2007 esce Transformers, loro fanno uscire in DVD pochi giorni prima Transmorphers.
Poi sta per uscire Battle: Los Angeles, loro fanno uscire Battle OF Los Angeles (chiaro indice di genialità, quel OF).
A parte il mockbuster, si specializzano in film orribili di mostri e disastri. Roba tipo Mega Shark vs Giant Octopus, ovvero mostri realizzati male in CGI che si menano per due minuti in film che per il restante minutaggio sono peggio di una sessione di tortura. Mettono insieme uno script zoppicante, richiamano attori finiti nel dimenticatoio (uno su tutti Lorenzo “Renegade” Lamas) e il gioco è fatto.
All’inizio pensavo che non ci fosse del metodo nella follia che sta dietro alla scelta di chiamare la propria casa di produzione The Asylum (aka Il manicomio). Lo credevo, almeno. Non ne ero certo.
Poi però ho visto Sharknado e ho capito che c’è del metodo.

Un trailer non ha bisogno di molte parole

Sharknado (2013) è un prodotto indipendente commissionato alla Asylum dal canale tematico SyFy (non vi elenco titoli di suddetto canale perché non meritate tanto male). Il titolo Sharknado è una crasi di due termini distinti e difficilmente accumunabili: Shark, squalo e Tornado, tornado. La trama del film è desumibile dal titolo, ovvero Shark, squali e Tornado, tornado. BANG. Sharknado.


Questa è una locandina onesta.

Non mi metto a far le pulci alla verosimiglianza di un film il cui titolo ho già ripetuto due volte qui sopra, d’altra parte sono un fan di The Avengers, Pacific Rim, Spiderman (quello di Raimi, sia chiaro, non quell’altra roba dal titolo “Un posto al sole di fronte a Centovetrine con ragnatele”); va da sé che Sharknado non punta molto sulla supension of disbelief, quanto piuttosto su SQUALI che vengono portati a spasso per la città da dei TORNADO. E mangiano le persone al volo. Entrano nelle case, spinti a forza dal vento impetuoso e si cibano dei residenti. Sguazzano accanto alle auto e spolpano chiunque.
E io sono felice.
Tizio con motosega contro squalo, The Asylum, 2013


Non fraintendetemi, non sono un cinico detrattore della vita umana in generale, il fatto è che il cinema è un linguaggio, un linguaggio è un sistema complesso fatto di segni e i segni son cose che stanno per altre cose. Avete presente la pipa di Magritte? Quella non è una pipa, è un segno sommato a un segno che evoca un oggetto che non è il segno che lo rappresenta. I morti mangiati dagli squali non sono “morti mangiati da squali”, sono funzioni all’interno di uno spettacolo e come tali hanno un preciso scopo narrativo.
Ma la vera domanda a questo punto è: si può dire che Sharknado sia buon cinema?
Direi di no. Ma proprio NO, senza remore e senza tentennamenti. Fa schifo, come cinema. A livello meramente tecnico è un indigesto miscuglio di stock footage, becere trovate da blockbuster allestite in maniera superficiale e confusa, effetti speciali risibili, dialoghi imbarazzanti, attori impresentabili (tra i quali il tizio che interpretava Steve in Beverly Hills 90210, Ian Ziering)… Eppure, signori miei, se il cinema ha nella propria natura l’atavico desiderio di dispensare sense of wonder, allora Sharknado non solo centra il bersaglio, ma lo distrugge e distrugge anche quelli vicini, la città in cui si trovano, il mondo intero che li ospita. È una bomba nucleare di divertimento. Inizia con una scena da antologia, ambientata su un peschereccio, poi smorza un po’ spostando l’azione su una spiaggia, poi succede di tutto, poi annoia di nuovo per un po’ e vorresti uscire a fare ciò che la gente normale fa quando esce, poi ti avvince con situazioni folli, grottesche, pazzesche, poi di nuovo noia, poi di nuovo genio.
Se vi dovesse capitare di incappare in Sharknado, una possibilità concedetegliela. Non è Malick, non sarà Kubrick, di certo non è Sorrentino… ma ci sono squali volanti uccisi a colpi di sgabello da un vecchio ubriacone, e, credetemi, difficilmente vi capiterà di nuovo di vedere qualcosa di simile!

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