mercoledì 13 novembre 2013

"I am Man (pausa) Borg", disse il nuovo idolo dello Spettatore Occasionale

Quando ho letto che questo film è costato 1.000 $, mi sono rannicchiato sotto una scrivania e ho pianto.
Ho pianto perché, se questa faccenda è vera, allora siamo tutti robetta e Steven Kostanski.è un califfo.


Amico mio, mi hai appena comprato
Manborg (2011) non è soltanto un film, è qualcosa di diverso: è la prova che fantasia e capacità possono sopperire alla mancanza di finanziamenti, che puoi infarcire una produzione di dollari senza necessariamente riuscire a realizzare qualcosa di rimarchevole. Se confrontiamo questa pellicola con un’altra dal budget decisamente superiore (per dirne una, Prometheus di Scott), ci rendiamo subito conto che non c’è storia. Manborg è un tripudio di trovate visive uniche, caratterizzato da un’estetica che è tutto meno che scontata, sorretto da una regia dinamica e citazionista, mentre Prometheus è una cagatella che inizia con DragonBall e finisce con Futurama.

E con ‘sta roba nera Lindelof ha rotto il cazzo. E prima mi metti il fumo nero in Lost, e mi sta bene. E poi il nespresso alieno in Prometheus, e passi. E ancora il sangue di Cumberbatch in Star Trek into darkness, nero pure quello: amico, senza offesa, ma hai davvero rotto the big C.

Il simpatico collettivo Astron-6 (entrato nelle grazie della Troma non per nepotismo, ci tengo a sottolineare, ma perché sono psicopatici e non fanno nulla per nasconderlo) intende omaggiare il cinema action SF anni ottanta, roba tipo Terminator o Robocop, inserendo citazioni che spaziano da Return of the Jedi, a Doom (intendo dire il videogioco, non il film con The Rock), a certe intuizioni del Verhoeven migliore, al Raimi artigiano degli esordi, a Burton prima che diventasse una macchinetta emo cacasoldi, alle aberranti avventure dei Power Ranger con i nemici gommosi, a Ray Harryhausen e a mille altre cose. La storia è semplice: una terribile guerra tra gli abitanti del pianeta Terra e le truppe infernali sconvolge l’umanità. Il protagonista è un soldatino al fronte, durante uno scontro con il leader dei malvagi (tenetevi forte: Count Draculon) perde il fratello e viene ucciso. Il corpo del nostro viene utilizzato per creare un Cyborg, Manborg, che si unirà a una varipinta masnada di ribelli e lotterà al loro fianco per porre fine all’impero del male.
Ora, considerata l’epicità del contesto, vi domanderete come minchia sia possibile aver girato una roba del genere con 1.000 $. A tale quesito lascio che a rispondere sia il trailer.



Non si respira aria di genialità? Io credo proprio di sì. È puro intrattenimento old school, una commovente dichiarazione d’amore per un cinema che diventa sempre più raro (ammesso che ancora esista). Non ci sono tempi morti, non ci sono scene inutili o riempitivi frustranti, soltanto il minimo indispensabile per tenere in piedi la struttura del film. La mancanza di fondi ha reso necessario un massiccio utilizzo di green screen: un presunto limite che ha contribuito a proporre soluzioni estetiche che sembrano una versione di Tron sotto LSD. Tutto è retro: dai fondali, ai mostri animati in stop-motion, alla linearità del plot, all’idea portante del futuro distopico che viene rappresentato. La follia di Kostanski è in ogni dettaglio: i personaggi sono archetipi e stereotipi di una certa SF, omaggi all’horror (Draculon / Dracula, la ribelle Mina porta il nome della moglie di Harker, uno dei protagonisti del Dracula letterario di Stoker), personaggi che richiamano icone pop, come il tizio che sembra Billy Idol, la vertigine data dal doppiaggio insensato di Number One Man, esperto di arti marziali con dizione da primo attore del Globe Theatre.
Che roba, gente. Diverte, appassiona, mescola le carte, ma soprattutto non inganna e si mostra per quel che è. L’ipertrofia di certi prodotti d’intrattenimento delle Major (specialmente negli ultimi anni), che sono pieni, saturi, strabordano, che offrono troppo nel tentativo di accontentare tutti è lontana anni luce. Il risultato è che spesso risultano indigesti (vedi Man of Steel, mortacci sua). Astron-6 invece procede per sottrazione: leva di mezzo tutto quel che non serve e garantisce un prodotto magro, agile, bio. Alleggerisce, non appesantisce. Per dire, c’è questa scena: Manborg si risvegla e vaga per una città futuribile: luci al neon dappertutto, bizzarri veicoli che sfrecciano per le strade, degrado, messaggi pubblicitari del nuovo governo infernale. Improvvisamente si imbatte in una serie di mostri (?) che menano dei tizi. Interviene, patatrac, incontra Number One Man, fugge con lui. I mostri saltano sul posto e sotto i loro piedi si materializzano degli skateboard costituiti da una sorta di energia violetta fluttuante, quindi inizia un folle inseguimento cittadino.
Oppure beccatevi questa:



Puro intrattenimento. Onesto, fresco, veloce, lisergico e con un finale… Un finale semplicemente da urlo.
1.000 €. Ci tengo a sottolienarlo.
Leviamoci il cappello dinanzi agli Astron-6.



Ho come la sensazione che stia per accadere qualcosa di brutto.
 Guardatevelo subito tutti!
È un ordine di Count Draculon!

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