H.P.
Lovecraft è stato uno scrittore americano di inizio novecento, mai esploso in
vita.
Esploso nel senso di divenuto famoso. Non esploso tipo tritolo.
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Ciao a tutti, sono Lovecraft. Non sono mai esploso in vita. Nel senso di diventato famoso, non del tritolo. |
Fu amico di
Bloch (l’autore di Psycho), grande estimatore di Poe, ispiratore di un’intera
generazione di autori horror e weird, bastardo retrogrado razzista e
antisemita. Tralasciando l’ultima parte della sua breve introduzione (che me lo
fa odiare come essere umano), Lovecraft fu il visionario creatore di un
universo caustico e nichilista, popolato da Dei dimenticati che attendono il
giusto momento per tornare a calpestare la Terra. Il suo Orrore Cosmico è ancora oggi
efficace e disturbante, malsano e morboso, affascinante e deprimente al tempo
stesso.
Il cinema è
un’arte che prevede la creazione di immagini in movimento, correlate tra di
esse, caratterizzate da una trama e da dettagli tecnici dei quali immagino vi
freghi meno di zero.
Ma forse
questo lo sapete già.
Il cinema ha
spesso attinto alla narrativa per cavar fuori idee per pellicole da distribuire
sul mercato. Edgar Allan Poe è stato amato dalla Hammer, poi da Bava, Fulci,
Argento e così via. Lovecraft ha ispirato molto il cinema, senza mai riuscire a
essere tradotto in maniera decorosa. Tipo che gli adattamenti cinematografici
di Lovecraft sono delle merde.
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Ciao ciao, gente! Non sono una pellicola basata sui lavori di Lovecraft, sono uno Str...o normale! |
Non c’è
nemmeno da discutere.
Salverei
Re-Animator, se proprio dovessi dirne uno, anche se sconfina nel campo del
demenziale, nella commedia nerissima a sfondo splatter. Minchia, che
definizione.
Ora smettete
di sbadigliare che passiamo alla recensione.
Il cardine
della narrativa di Lovecraft ruota intorno al culto segreto di Dei primigeni,
chiamati Antichi, Grandi Antichi o Vecchi. Questi Dei hanno un profeta, che si
chiama Cthulhu.
Cthulhu è un
gigante con ali di drago, corpo antropomorfo, artigli, testa di polipo. Gigante
nel senso che è alto come una montagna. È fatto di una materia che non può
essere distrutta. Dorme sepolto sotto l’oceano, in una città morta che si
chiama R’Lyeh. Capito? Non hanno come profeta Ezechiele o San Giovanni, questi
Antichi, ma un titano mostruoso che schiaccia le città come fossero cacche di
cane. Uno a zero per gli Antichi.
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Io sono Cthulhu. Nella antica lingua di R'Lyeh il mio nome significa: "Non rompete il cazzo". |
“Il Richiamo
di Cthulhu” è il racconto con il quale Lovecraft tenta di collegare tutta la
propria narrativa precedente in un universo tematico univoco, e getta le basi
per storie appartenenti al Mito che scriverà (o riscriverà per altri autori,
come revisore di bozze) negli anni a venire.
Il racconto
è apprezzabile ancora oggi, molto inquietante, terribile al punto giusto e con
un climax mostruoso nel terzo atto.
Manco a
farlo apposta, questo racconto mai era stato approcciato dal cinema, che ha
preferito saccheggiare storie minori per regalarci chicche di letame mica da
ridere.
Nel 2005 la HPL Historical
Society realizza un film dal titolo The call of Cthulhu: attori non
professionisti, scarsi mezzi, tanta fedeltà al testo di partenza, grande
conoscenza del corpus letterario del Nostro e una sconfinata passione.
Ah, già: lo
girano in bianco e nero come fosse un film degli anni venti. Per la precisione,
un film espressionista.
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Non sembra roba tipo anni venti? |
Risultato:
un’opera davvero magnifica. Magnifica dal punto di vista estetico, perché
aderisce perfettamente ai canoni dell’espressionismo che omaggia (con sequenze
che sembrano rubate a Il gabinetto del Dottor Caligari o Lo studente di
Praga o ancora Nosferatu di Murnau.); magnifica dal punto di vista
narrativo, perché rispetta la fonte sia nel dipanarsi della vicenda che nella
struttura del racconto (il racconto originale è diviso in tre parti, tre microracconti
fatti da personaggi diversi, tre differenti punti di vista, parti di un mosaico
che soltanto alla fine in parte si ricomporrà; il film mantiene la struttura
tripartita e offre la stessa molteplicità di punti di vista); magnifica dal
punto di vista della suggestione, perché pur utilizzando un linguaggio ostico
come quello del film muto, riesce a trasmettere l’inquietudine e il senso di
minaccia che la storia crea.
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Oh, il prodigioso effetto speciale alla Mucciaccia! |
Stiamo
parlando di un film muto, nel quale gli attori non parlano se non attraverso cartelli
inseriti tra una breve sequenza e l’altra, non è esattamente un film di Michael
Bay, però tiene desta l’attenzione e intriga. La fotografia è molto curata e
contribuisce a scolpire sul volto degli attori emozioni e sensazioni,
veicolandole al pubblico in maniera forte e convincente; scene oniriche e
avventurose sono realizzate immaginando di avere gli strumenti tecnici
dell’epoca, quindi con effetti ottici quali prospettive forzate, minimi
movimenti di macchina, mimica esasperata, giochi di luce e animazioni a passo
uno.
Ovvio che al
culmine della tensione, nella terza parte, quando effetti speciali più moderni
avrebbero aumentato la resa emozionale delle scene, forse il film perde un po’
di potenza, ma è un difetto lieve; nel complesso si tratta di uno dei più
riusciti adattamenti cinematografici che abbia visto (considerando l’aderenza
alla fonte).
E poi
Cthulhu non è mai stato condannato per frode fiscale.
Provaci, a
condannare Cthulhu per frode fiscale.
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Condannami, se riesci. Forza. Ti sfido. |
In
conclusione, se siete alla ricerca di un film muto semisconosciuto, che dura
poco, ha effetti speciali farlocchi (tipo teli di tessuto mossi da ventilatori
per ricreare le onde del mare, un mostro realizzato in stop motion), attori che
non avete mai visto e una colonna sonora senza Rihanna, Lady Gaga o uno di quei
giovinastri che fanno musica senza cuore (oh, Bill Hicks, quanto maledettamente
avevi ragione), allora questo film fa per voi.
Se invece
non ve ne frega una ceppa di cinema, Lovecraft, espressionismo, stop motion e
Cthulhu, guardatevi qualcos’altro.
Cazzo ne so,
guardatevi Sotto Assedio.
Tra l’altro,
qualche anno dopo (2011) i nostri eroi della HPLHS ci riprovano con il racconto
The Whisperer in Darkness: sempre bianco e nero, sempre attori non
professionisti, sempre pochi fondi. Non citano più l’espressionismo tedesco, ma
i film americani con argomento soprannaturale degli anni cinquanta. Il racconto
originale è molto bello. Il film no. NO. Prima metà ok. Poi NO. No, perché da
un certo punto in avanti ha una deriva action poveraccia e malrealizzata; si
stacca rumorosamente dalla fonte e imbocca una strada incerta, tentando nel
finale di metterci una pezza. E poi i mostri in CGI farlocca… Preferisco non
vedere nulla. Preferisco gommapiuma, lattice, pupazzoni fatti a cazzo. CGI cagosa
in un film del genere no.
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Ma sono davvero così brutto? E se mi pettino diverso? |
Un saluto
anche dal Sommo Cthulhu.
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Ciao ciao, statemi bene. |
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