martedì 17 settembre 2013

Lo Spettatore Occasionale e la nuova opera di Pippy Superbracherone

Oggi vorrei parlarvi di un film per tutta la famiglia, visione ideale per un dopo pranzo insolito, tutti abbracciati sul divano sotto una calda coperta.
Il film si intitola “Frankenstein’s Army”.


Sobrio esempio di cinema per tutta la famiglia.


Trama: durante la seconda guerra mondiale un manipolo di soldati russi riceve una richiesta di soccorso via radio, raggiunge il luogo comunicato, finisce tra le grinfie di mostri realizzati da un pazzo incrociando cadaveri di nazisti con elementi meccanici tipo trapani, cesoie, carri armati, cavi dell’alta tensione.
Moriranno (quasi) tutti.
Il primo riversando metri di intestino in un capannone.
Non è lo spettacolo ideale per riunire grandi e piccini?

NO, NON LO È.

Frankenstein’s Army (2013) di Pippy Superbracherone –volevo dire Richard Raaphorst è una cosa strana. Ma proprio strana strana strana Seguendo la moda dei FF, Found Footage, Filmato Ritrovato, il buon Richard non si pone alcun problema in merito alla verosimiglianza della questione: esistevano nei primi anni quaranta cineprese portatili? A colori? Chissene. Lui gira un FF ambientato nella seconda guerra mondiale. C’è sempre un soldatino che porta la cinepresa e segue la compagnia, la scusa è che Stalin ha ordinato un filmato di propaganda e il tizio è incaricato di fornire materiale.
Credibile? Assolutamente zero.

Siate cortesi, gentiluomini, mentre appronto il mio cineocchio portatile di dimensioni ridotte.

Io lo stimo già per questo.
La storia in realtà non è molto articolata. Cioè, non è qualcosa che vi possa lasciare battute memorabili o colpi di scena inaspettati. Ci sono persone che vengono macellate, mostri sempre più bizzarri, un discendente del dottor Frankenstein. Fine. Ah, dimenticavo: una sbracatissima satira politica. Abbozzata. Messa insieme alla bell’e meglio (ah ah ah ah ah ah ah ah).
La battuta sopra fa schifo e la capiranno solo le due o tre persone al mondo che hanno visto questo film.

Ma che cosa eleva Frankenstein’s Army al di sopra della media dei film horror d’oggigiorno? Signori miei, la creatività.
CRE-A-TI-VI-TA’.
Gli esseri che popolano la pellicola sono incubi in carne e ossa, ibridi umano meccanici senza volto, animati da cavi elettrici penzolanti; si trascinano lungo corridoi bui, capannoni deserti, chiese abbandonate, aggrediscono senza pietà e senza minima considerazione dei rischi. Sono creature a metà strada tra i Cenobiti di Hellraiser e un tagliaerbe, un coltello elettrico, pinze giganti spremiteste. Sono la ciliegina sulla torta del film: li amerete. Ve ne cito due soltanto, per mettervi appetito. L’uomo-pentola (ovvero un pentolone con le gambe che segue il dottore intercettando pezzi di cadaveri scartati dai suoi esperimenti) e la donna-orsacchiotto (ovvero testa di donna ghignante attaccata a corpo di orsacchiotto di pezza, per gli ordini scrivete nei commenti indirizzo e quanti esemplari volete).

Con una fotografia invecchiata grazie al prodigioso intervento del calcolatore (attenzione: ironia inside), una regia minimale e un decor sublime, Raaphorst ci conduce per mano verso il basso, in una discesa inarrestabile attraverso la quale ci mostra il degrado e la corruzione che la guerra procura agli individui, fino al segmento finale del film, nel quale Roden nel ruolo di Frankenstein regala uno dei più deliranti monologhi da mad scientist che avrete la possibilità di ascoltare e gustare. C’è una buona dose di ironia in Frankenstein Army, condita con un gore davvero estremo. Tipo bassa macelleria. Se voltete concedervi un horror sopra le righe, visivamente nuovo e sorretto da buoni effetti speciali, andate sul sicuro e gettatevi su Frankenstein’s Army!

Non vuoi prendermi in braccio? Occhio ai punti però!


Ve lo dice anche la donna-orsacchiotto!

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